Bonn due, in Afghanistan l’immutato scenario della propria guerra
par Enrico Campofreda
mercoledì 7 dicembre 2011
Riunendosi a Bonn per parlare d’Afghanistan la diplomazia internazionale ha applicato alla perfezione una delle regole del poliziesco classico: il ritorno dell’assassino sul luogo del delitto. La città tedesca aveva ospitato nel 2001 l’avvìo del sostegno all’Enduring Freedom. La sua riproposizione è parsa un déjà vu aggravato da dieci anni d’occupazione militare che quel Paese sta pagando più con distruzioni che ricostruzioni. Mentre la popolazione conta 60.000 vittime. In Germania accanto all’establishmen mondiale (cento nazioni, mille delegati fra cui sessanta ministri degli esteri) non poteva mancare Hamid Karzai, il simbolo della “democrazia” riportata in terra afghana dalla missione Isaf. E’ stato lui a lanciare ai convenuti il monito per il proseguimento degli aiuti: “La solidarietà, il vostro sostegno saranno cruciali in modo che noi potremo conservare gli obiettivi conseguiti e continuare a rivolgerci alle restanti prove”. Chiede altri 10-12 anni d’intervento che costerebbero ai bilanci delle nazioni promotrici cifre spaventose. Solo gli Stati Uniti hanno dirottato finora nelle guerre afghane e irachena quattromila miliardi di dollari. Nel ritorno a Bonn Hillary Clinton ha cercato di riversare sugli alleati i futuri impegni di spesa, pur sapendo che ciascun governo è alle prese con le ristrettezze della crisi.
Il presidente pashtun pensava che sua testa potesse venire offerta, metaforicamente o fisicamente com’è accaduto al fratello-trafficante, per qualche nuova soluzione. Comunque non se n’è fatto nulla. I negoziatori pensavano di quietanzare i talebani con qualche seggio alla Wolesi Jirga e il controllo di alcune zone. Ma gli uomini col turbante non ragionano da semplici Signori della Guerra intenti a trarre profitto da uso della forza, oppio epasthunwali. Puntano al potere come nel quinquennio in cui lo gestirono. Il segnale che fossero stanchi di chiacchiere a vuoto l’hanno dato in maniera perentoria lo scorso settembre uccidendo Rabbani, l’ex presidente incaricato del dialogo col gruppo considerato più… malleabile. Per ora la pacificazione è stata archiviata. Gli strateghi americani avrebbero dovuto almeno tenere buono l’alleato pachistano, che invece in Germania ha dato forfeit per vecchi e nuovi conti in sospeso. Recente lo smacco subito dalle Forze Nato che sul confine afghano gli hanno ucciso 24 militari, poi nell’aria c’è sempre la polemica sulla dibattuta copertura data da Islamabad ai combattenti talebani concentrati nella zona nord-occidentale oltreché gli strascichi dell’operazione Abbottabad contro Bin Laden. Certo militari come Zia ul-Haq e Musharraf alla Casa Bianca piacevano più dell’attuale leadership pakistana, ma tant’è. Tornare sul luogo del delitto non sembra ispirare scenari diversi.