Bolognina e dintorni. Chi ha ucciso la sinistra in Italia?

par Essere Sinistra
giovedì 15 ottobre 2015

di Massimo RIBAUDO

Non è soltanto l’assassino che torna sul luogo del delitto. Dovrebbero farlo anche i detective e i giornalisti seri: per individuare l’assassino, a volte.

Il giornalista d’inchiesta Stefano Santachiara, con molto rigore e serietà, è andato a ricercare le tracce di quel delitto politico che si compì nel distruggere la storia e le idealità del partito comunista italiano, “il maggior partito comunista in Occidente”, tra il 1989 e il 1991.

Il suo articolo pubblicato su Left Avvenimenti di questa settimana ci rivela alcuni elementi – i fatti, di cui spesso gli articoli che leggiamo sono privi – che permettono di capire perché non abbiamo più una sinistra in Italia, se non nelle nostre necessità politiche.

Per i più giovani si può sintetizzare così quel periodo: quasi tutta la dirigenza del PCI decise che si doveva far pagare agli italiani l’errore di aver studiato (e in parte seguito) solo il comunismo sovietico, spesso senza aver letto né Marx, né Gramsci, e quindi autoeliminarsi con il crollo dello stesso.

Nel fare questo, però, bisognava fondersi “a freddo” con la parte progressista cattolica e liberaldemocratica che oggi, come sappiamo, governa in Germania sotto il nome di Angela Merkel. Il modello ordoliberista che parla di mercato sociale, di eticità del mercato, di banche etiche. Pubblicità ingannevole. Non c’è nessuna etica nel volere i siriani (bianchi e laureati) e rifiutare i ghanesi. E’ razzismo purissimo. Quindi, fate ancora più schifo a chi vi guarda.

Poteva andare a finire bene? No.

Ma c’era Berlusconi dall’altra parte (dal 1994), il rigurgito fascista, la voglia di vincere e di governare, e così accettammo, come militanti e elettori di sinistra, qualsiasi cosa: tutte le narrazioni più assurde, pur di non ammettere che c’era qualcosa di strano, di sbagliato in tutto quello che si creò dal 1989 in poi.

I fatti, quindi. Una lettera inviata a Walter Veltroni prima della Bolognina e pubblicata in esclusiva nell’articolo di Santachiara su Left Avvenimenti ci fornisce indizi interessanti. Sul delitto e sugli assassini del comunismo in Italia. 

Francesco Martelloni, esponente del Pci (area berlingueriana) della sezione Gramsci di Lecce (lui, probabilmente, Gramsci l’aveva letto), consigliò a Veltroni Una trasformazione senza strappi alle radici, cambiando il nome in Partito Comunista Libertario e inserendo un nuovo simbolo: l’albero della libertà della rivoluzione francese, nonché della Repubblica partenopea e di quelle giacobine del ’99″.

Si legge ancora: ”Martelloni, redattore della rivista ‘Itinerari di ricerca storica’, faceva riferimento agli scritti degli anni ’60 di Galvano della Volpe, nei quali il filosofo marxista critico prospettava il superamento della III Internazionale per realizzare, in un sistema di libertà e garanzie, la socialdemocrazia dinamica contrapposta a quella statica di Bad Godesberg”. I passi salienti della lettera di Martelloni delineavano “la rottura con ogni cultura autoritaria e violenta” e “il recupero dell’ispirazione originaria dell’equivalenza tra comunismo e libertà”.

Ve la ricordate Bandiera Rossa, vero? Finisce con: “Evviva il Comunismo e la Libertà“.

Non vogliamo essere dipendenti della burocrazia di un partito che si mangia lo Stato, non vogliamo un comunismo che si leghi agli aspetti più retrogradi e antimoderni del cattolicesimo, che ponga, insomma, vicino al lavoro della falce e martello i sempiterni feticci della destra: dio, patria e famiglia. Aria, per favore. Apriamo le finestre.

Respiriamo il vento della libertà che ci descrissero Marx e Engels: “…appena il lavoro comincia ad essere diviso ciascuno ha una sfera di attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e dalla quale non può sfuggire: è cacciatore, pescatore, o pastore, o critico, e tale deve restare se non vuol perdere i mezzi per vivere; laddove nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, cosí come mi vien voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico”.

Ma le finestre non si aprirono, come ricorda Stefano Santachiara, anzi si spinse nella tomba il marxismo, il socialismo continentale, il lavoro e si rifiutò di inserire nel nome del nuovo partito “il termine socialista o laburista […], e diaccogliere le analisi di Pietro Ingrao contro la rinuncia esplicita alla lotta anticapitalista“.

Si fece tutt’altro: si parlò solo di “questione morale” senza alcuna convinzione e senza il rigore berlingueriano, “apertura alla società civile” (avete visto che fine ha fatto Ignazio Marino) e “contaminazione con le migliori forze liberal democratiche e cattoliche progressiste” (la Binetti, la Fiat e la banche che davano i soldi).

Fuffa. Ce n’è ancora molta nei convegni delle minoranze del Pd, lo sapete.

E con la fuffa si perdono le elezioni e la dignità. Iniziata male, la progressione autodistruttiva non poteva che proseguire peggio. Quindi, Renzi è il prodotto dell’adesione di gran parte della dirigenza del defunto PCI al neoliberismo. Negli Usa si chiamano neoconservatori. Ex accademici di sinistra (anche provenienti dal mondo accademico marxista) a cui piacciono i soldi. In Europa si chiamano Blair, Gerhard Schröder, Veltroni, D’Alema. Gente che serve, a suo modo, il capitale.

Santachiara è definitivo: Renzi è la prosecuzione del veltronismo con altri mezzi, vale a dire il nuovismo anagrafico dissimulante l’origine democristiana e il gotha della finanza che l’ha sostenuto nella scalata a partito e Palazzo Chigi.

Chiaro, adesso arrivano i pentiti. Come Walter Tocci che si rifiuta, giustamente, di votare la riforma del Senato. Con parole gravi. “Viene a compimento un inganno trentennale. La classe politica di destra e di sinistra ha nascosto la propria incapacità di governo attribuendone la colpa alle istituzioni. Ha surrogato la perdita dei voti con i premi di maggioranza, provocando ulteriore distacco dalle urne. Il governo maggioritario nella democrazia minoritaria ha accentuato la crisi italiana“. Ammissione importante.

L’inganno è ora sotto gli occhi di chi vuole leggerlo e comprenderlo. E’ nelle vite di chi non sa come creare un futuro per i propri figli. La sua prole. E non perché doveva crearlo lo Stato, ma, almeno, a norma di Costituzione, non doveva sparargli nelle gambe per impedirglielo. E invece i responsabili della sinistra lo hanno fatto. Scientemente. Per proteggere solo il proprio entourage e il proprio ceto.

Walter Veltroni non ha mai risposto alla lettera di Martelloni. Ha solo ucciso il comunismo, la sua declinazione libertaria, e si è tenuto l’albero, rubando l’idea. Per attaccarci le sue palle di Natale. Quelle del Santa Claus della Coca Cola: l’unico simbolo in cui crede.

 

p.s. Nel Manifesto del Movimento Essere Sinistra si legge che “Essere Sinistra è un Movimento libertario“. Quella radice è ancora viva, quindi.

 

(Nella foto dal web: Walter Veltroni, Achille Occhetto, Gianni Cuperlo)


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