Bolivia. Fallito attentato contro il presidente Evo Morales

par Diario Latino
martedì 21 aprile 2009

Domenica dodici aprile, il presidente boliviano Evo Morales, esprimeva pubblicamente la sua preoccupazione per l’esistenza di un piano per uccidere lui o il suo vicepresidente Alvaro Garcia Linera.

“E’ possibile che io e Alvaro abbiamo i giorni contati. In caso ciò accadesse, le responsabilità andrebbero cercate all’interno dell’ambasciata statunitense a La Paz e nelle file dell’estrema destra boliviana”.

Mentre realizzava queste dichiarazioni dall’interno del Palazzo del Governo ad una tv nazionale, Morales era ancora in sciopero della fame come metodo di pressione verso il Congreso de los Deputados, affinchè approvasse definitivamente la legge elettorale.

Questa, stabilisce il prossimo sei dicembre come data delle elezioni generali. Già da sindacalista aveva affrontato scioperi della fame più lunghi di questo.

Morales, che si ripresenterà per ottenere il secondo mandato, ha spiegato nel messaggio televisivo che nei mesi scorsi, l’opposizione ha tentato un colpo di stato per toglierlo dalla presidenza della Bolivia, ora invece vuole attentare contro la sua vita.

Il giorno successivo, quinto di sciopero della fame, al termine di ventiquattro ore ininterrotte di negoziazione, è stato siglato l’accordo tra governo e opposizione "Ley Transitoria del Regimen Electoral", approvata dal Congreso de los Deputados con un voto realizzato articolo per articolo, è d’importanza capitale per l’Esecutivo, che dal canto suo, si impegnerà a realizzare un nuovo censimento dei votanti, come richiesto dall’opposizione.

Tale riforma conta con l’appoggio della Corte Nacional Electoral (CNE) e costerà alle casse dello Stato 26 milioni di euro. Saranno utilizzate le ultime tecnologie elettroniche per poter integrare il nome e cognome alla residenza, alle impronte digitali, alle fotografie complete di firma.

Il presidente Morales, al conoscere la notizia, ha concluso il suo sciopero della fame che lo aveva portato a rinviare la sua prevista assistenza all’assemblea dei paesi dell’Alternativa Bolivariana y de las Américas (ALBA), in programma nel confinante Venezuela.

Purtroppo però, nei giorni successivi l’accordo, due gravi atti terroristici hanno accaparrato l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e internazionale: il primo è avvenuto nella mattinata di mercoledì quindici, quando è esploso un ordigno dinamitardo di fronte alla casa del Cardinale Julio Terrazas, presidente della Conferencia Episcopal Boliviana (CEB), che ha causato danni all’edificio ma non feriti.

Al momento dello scoppio il cardinale non era in casa. Terrazas ha sempre espresso un’opinione fortemente critica verso l’operato del presidente Morales e del suo partito Movimento al Socialismo, accusando entrambi di voler trasformare la Bolivia in uno stato aconfessionale.



Il secondo e più grave atto ha improvvisamente fatto tornare alla mente le recenti vaticinazioni del presidente sul pericolo che corrono lui e il suo vice, Alvaro Garcia Linera.

Mentre Morales sbarcava in Venezuela accolto dal locale capo di Stato Hugo Chavez, a Santa Cruz, novecento chilometri a est della capitale La Paz le forze di sicurezza boliviane ingaggiavano un conflitto a fuoco che si saldava con tre morti e due arresti.

Nella zona tra Calle 21 Mayo e Calle Seguane, all’interno dell’Hotel Las Americas, i colpi della Unidad Táctica de Acción Rápida (UTAR) e del Grupo Delta hanno abbattuto gli ungheresi Arpak Magyarosi e Eduardo Rozsa Flores, oltre a Dyer Micheal Martin.

Al momento non è ancora chiaro se quest’ultimo sia cittadino irlandese o argentino. Le ambasciate di entrambi i paesi stanno svolgendo indagini a riguardo. Rosza Flores è una figura controversa: è stato vicepresidente della comunità musulmana ungherese e membro del selezionato gruppo cattolico Opus Dei, secondo quanto riporta il quotidiano boliviano La Razòn. Ha inoltre combattuto nella guerra per l’indipendenza della Croazia. Si suppone appartenesse all’Unión Juvenil Cruceñista, formazione di estrema destra.

Gli arrestati invece sono: il boliviano Ramiro Francisco Tadic Astorga, ex militare cinquantunenne, residente in Croazia, e il ventottenne ungherese Elot Toazo.

Entrambi sono stati rinchiusi nel carcere di massima sicurezza di Chonchocoro, nella regione di Santa Cruz. L’avvocato Edward Mollinedo ha già pronta la lista dei capi d’accusa. Tuttavia nelle ore successive all’attentato sono state diffuse diverse e contrastanti versioni sulla nazionalità dei terroristi.

Alcuni giornalisti hanno parlato di una pista balcanica, più precisamente croata, come l’origine dell’ex presidente del Comitè Civico de Santa Cruz, Branko Marinkovic, uno dei critici più ostili al governo Morales. Il presidente della Organizzazione degli Stati Americani (OEA), Josè Miguel Insulza, in una telefonata al Ministro degli Esteri boliviano David Choquehuanca, ha definito gravissime le prove a carico dei due attentatori.
Dalla città di venezuelana di Cumanà, Morales ha elogiato l’operato delle forse di sicurezza boliviane alle quali ha detto di aver lasciato disposizioni precise per detenere questi mercenari.

Il vicepresidente Garcia Linera ha aggiunto che oltre agli arresti sono stati sequestrati mitragliatori, fucili e esplosivi.

Gli attentatori sono ritenuti dal Governo anche i responsabili dell’attacco al domicilio del Cardinale Terrazas, oltre che legati direttamente a Branko Marinkovic.

Mentre in Bolivia si attende l’inizio del processo, il presidente Evo Morales è volato a Trinidad e Tobago per l’Assemblea dei paesi Americani.


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