Boeri Pisapia: le dimissioni e le scuse. Fine del laboratorio Milano?
par Voltaire
martedì 29 novembre 2011
Dopo sei mesi dalla storica vittoria da parte di Giuliano Pisapia al comune di Milano il suo ex sfidante alle primarie del centro-sinistra Stefano Boeri si dimette dal suo ruolo di assessore alla Cultura, alla Moda e all’Expo.
Ora spetta al sindaco decidere sul da farsi: ricucire con l’esponente del Pd, campione di preferenze alle scorse elezioni (ben 13mila) oppure trovare un sostituto, rinunciando ad una personalità di grande rilievo.
Anche a seguito della parziale retromarcia di Boeri che sul quotidiano la Repubblica ha dichiarato: "Mi scuso, con il sindaco e con i miei colleghi. Il mio interesse più grande, però, è che non vada persa quella straordinaria eccezione che, qui a Milano, Pisapia e io abbiamo rappresentato"
I contrasti tra il sindaco e l’ex assessore si erano acuiti negli ultimi tempi. La più recente diversità di posizioni si era registrata sulla collocazione del nuovo Museo di arte contemporanea, compromettendo a detta di Pisapia, l’indispensabile collegialità della giunta.
I rappresentanti del cosiddetto “popolo arancione” che solo sei mesi fa avevano portato il centro-sinistra a vincere in una roccaforte berlusconiana sembrano perdere la loro forza propulsiva.
Il laboratorio tra sinistra “radicale” e sinistra “riformista” , non ostile al Terzo polo che propone in versione locale un’alleanza possibile anche a livello nazionale, e’ gia fallito? Non e' dato sapersi. L'allontanamento di Boeri non fa presagire nulla di buono.
Certo i contrasti possono essere rubricati a scontri tra due personalità “forti” difficilmente assimilabili, certo entrambi i fronti stanno cercando di ricucire lo strappo limitando almeno i danni all’immagine della neoamministrazione. Sicuramente pero’ le due parti non hanno fatto abbastanza per non replicare il solito mito della Sinistra capace di vincere le elezioni, ma incapace di governare perche’ lacerata dalle divisioni interne.
Forse l’esperienza del governo Prodi, additato per anni sia a destra che a sinistra come esempio da non ripetere, in quanto troppo eterogeneo, è già stata dimenticata.
A Pisapia bisognerebbe chiedere la collegialità vale più dell’unità del fronte che a vinto le elezioni? Non ci sono altri metodi per rivendicare un livello accettabile di unitarietà di intenti?
Mentre a Boeri si dovrebbe ricordare che fare l’assessore è cosa diversa che dirigere uno studio di architettura.
I tecnici prestati alla politica dovrebbero essere coscienti che alla base delle decisioni c’è la condivisione e la mediazione. Cio’ vale sia a livello locale che nazionale.
Soprattutto in questo momento in cui il nostro paese è guidato da personalità non direttamente riconducibili ai partiti. Nel momento in cui si assumono incarichi pubblici la cosiddetta "tecnica o competenza" non può bastare ad amministrare la "cosa pubblica".
I due contendenti forse troppo presi dalle diatribe non hanno inteso fino in fondo cosa rappresentano (o forse rappresentavano) agli occhi di molti cittadini italiani. Non solo milanesi.
Al di là delle discussioni sui singoli punti su cui sono nati i contrasti che hanno reso la coabitazione tra Pisapia e Boeri impercorribile, lascia perplessi che solo dopo sei mesi i rapporti all’interno della giunta si siano usurati irrimediabilmente su temi così importanti. Come se alla base ci fosse un deficit di discussione sul programma, su cui dopo le primarie si era trovato un accordo.
Dopo 20 anni di amministrazioni berlusconiani e leghiste a trazione ciellina, le forze laiche e democratiche su cui ampi strati della società ripongono grandi aspettative possono e devono dare uno spettacolo migliore.
Se falliscono anche quei pochi tecnici (competenti) prestati alla politica, c’è poco da sperare. A Milano, come nel resto del paese.