Bianco Natale

par Fabio Della Pergola
lunedì 24 dicembre 2012

Ci siamo, ancora una volta. E’ arrivato Natale.

E ora sentitevi liberi di esclamare “evviva!” oppure “che palle!” dal momento che sono tassativamente a favore della libertà di espressione di ciascuno (nei limiti di legge, però).

Fatto sta che è arrivata la festività clou del mondo occidentale, legata alla inventatissima notizia della nascita del Messia cristiano (che sia una notizia priva di fondamento lo ha ammesso anche il Papa attuale, quindi lo si può dire con tutta tranquillità), ma notoriamente originata dalle feste pagane in occasione del solstizio d’inverno (quest’anno cade il 21 dicembre) che vede terminare la fase di accorciamento del giorno e ricominciare piano piano l'allungamento delle giornate.

E’ la nascita del nuovo anno, una festa pagana molto naturalistica, legata al ciclo delle stagioni e travestita prima dal genetliaco del dio Mitra, nato proprio in una grotta il 25 dicembre dalla madre-vergine immacolata Anahita e poi - guarda un po’ la coincidenza - di quello del dio incarnato Yeshu, nato in una grotta dalla madre-vergine Mariam (lo so, noi diciamo “Gesù e Maria”, ma volevo tirarmela un po’).

Una festa che si è poi un bel po’ secolarizzata, perdendo l’allure di spiritualità che - si suppone - avesse in precedenza. Dove per ‘secolarizzata’ non intendo ‘commercializzata’, che è un’altra cosa, di cui siamo tutti vittime oggi in cui non c’è filmetto natalizio o campagna pubblicitaria o centro commerciale che non ci allieti con le luminarie e immagini natalizie create appositamente per farci entrare tutti in un’atmosfera di letizia un po’ fasulla, ma capace anche di farci scucire quel bel pacco di soldi necessari a far girare l'economia.

E il Natale ha la sua colonna sonora, naturalmente, fatta di canzoni e musiche spesso molto godibili. Una delle più note di queste canzoni è White Christmas, best seller di tutti i tempi, cantata da Bing Crosby negli anni ‘40 e ’50. Il pezzo ha avuto una quantità di arrangiamenti letteralmente stratosferica a partire dalla sua composizione nel 1942, con un numero inverosimile di interpreti, più di 500 versioni diverse, in tantissime lingue; da Frank Sinatra a Perry Como, da Elvis Presley a Doris Day, dalla giovanissima Darlene Love alle Supremes, da Bob Marley alla Streisand a Michael Bublé a Lady Gaga e Bocelli o Rod Stewart. Senza dimenticare l’impareggiabile Louis Armstrong, naturalmente.

L’aspetto contraddittorio della vicenda è che l'autore del più famoso inno cantato in "occasione della nascita" (le virgolette sono d'obbligo) del Gesù cristiano fu un compositore ebreo di origini russe. Il che non è poco se si pensa che festeggiare il Natale è quanto di più lontano si possa immaginare dalla mentalità ebraica per la quale Gesù era una specie di impuro fuorilegge blasfemo, figlio di una signora "poco seria", poco conosciuto, poco seguito e in ogni caso giustamente punito.

Nonostante questa “lontananza” culturale il giovane autore fu Irving Berlin (qui in una foto del 1911) nato nel 1888 in Bielorussia con il nome di Israel Beilin da Moses e da Leah Beilin, che si trasferirono a New York quando il ragazzino aveva cinque o sei anni. L’unica cosa che si ricordava della sua “vita russa” fu, secondo il suo biografo, l’episodio “della sua casa che bruciava nella notte mentre lui la guardava sdraiato su una coperta dal ciglio della strada”: erano passati i cosacchi in uno dei loro numerosi pogrom dell’epoca. Ed i Beilin, assieme ad altri milioni di ebrei russi, fuggirono in America, quella che era davvero, nel loro immaginario, la ‘terra promessa’; come lo era per gli emigranti italiani, polacchi, greci o tedeschi dell’epoca. Terra promessa che, nonostante il ripetuto augurio millenario ebraico che recitava “l’anno prossimo a Gerusalemme”, aveva preso il posto della terra promessa biblica che continuava ad essere un mero luogo dello spirito (e infatti ci vollero dei laici socialisti per pensare allo stato ebraico in Palestina).

Berlin morì nel sonno a New York alla bella età di 101 anni dopo aver composto anche, in onore della sua nuova patria, un pezzo altrettanto famoso “God bless America”, inno semiufficiale di ogni occasione pubblica americana (e di ogni film patriottico, naturalmente). Una vita fortunata; altri con la sua stessa appartenenza etnica, che non avevano avuto il fiuto di scappare dall’Europa tra la fine dell’Ottocento e gli anni Quaranta del Novecento, ebbero invece un destino alquanto peggiore, come si sa.

Ma la cosa non finisce qui perché anche un altro pezzo famoso come “Let It Snow, Let It Snow, Let It Snow” (ricordate la versione di Bublè?) è stato scritto da un compositore, Sammy Cahn, nato come Samuel Cohen da genitori ebrei (questa volta galiziani). Siamo davanti ad una tradizione molto curiosa: gli ebrei scrivono del Natale, come titola una rivista americana, il Tablet Magazine. 

Insomma, scrive lo storico Gadi Luzzatto Voghera “compositori ebrei hanno contribuito non poco a secolarizzare un rito originariamente solo religioso e ad allontanarlo dal suo significato originario. Non credo si tratti di un complotto, naturalmente”. Ma non mancherà qualcuno che invece lo penserà e magari lo scriverà in qualche articolo demenziale finalizzato a farci credere ancora che il Natale è proprio il compleanno di Gesù, anche se ormai si sa che mentono sapendo di mentire.

Sta a noi poi, salvati dalla più menzognera ed astratta spiritualizzazione, evitare di cadere nella pura e semplice commercializzazione delle festività, che non è certo una gran cosa.

Tra astrazione spiritualizzante e bieco materialismo, l’essere umano si trova esattamente tra Scilla e Cariddi e deve tenere la barra al centro per salvarsi dall’uno e dall’altro mostro senza perdersi una volta giunto al bivio storico in cui si è trovato; in verità nel mezzo c'è lui, l'uomo, con i suoi sogni che possono anche sognare il bianco della nascita, dimenticandosi per il tempo di una canzone delle balle religiose che gli hanno raccontato per secoli. L'uomo ha sì una dimensione non piattamente materialistica, ma non per questo deve perdersi nell'infinito nulla della trascendenza più incomprensibile e indimostrabile, risibile sovrapposizione di idee balzane su un antico - e più serio - rapporto dell'essere umano con le vicende della natura. Quindi, ben venga il solstizio d'inverno e si dia inizio ad un altro giro, a un'altra corsa. Maya permettendo.

 

White Christmas

I'm dreaming of a white Christmas
Just like the ones I used to know
Where the treetops glisten
And children listen
To hear sleigh bells in the snow.

I'm dreaming of a white Christmas
With every Christmas card I write


May your days be merry and bright
And may all your Christmases be white.

I'm dreaming of a white Christmas
With every Christmas card I write
May your days be merry and bright
And may all your Christmases be white.

 

Sto sognando un Bianco Natale
proprio come quello che io ricordo
con le cime degli alberi scintillanti e i bambini che restano in attesa
di udire il suono dei campanelli della slitta che corre sulla neve.

Sto sognando un Bianco Natale
in cui ogni cartolina natalizia che io scrivo
possa rendere le tue giornate felici e radiose
e possa far sì che tutti i tuoi Natale possano essere bianchi.

Sto sognando un Bianco Natale
in cui ogni cartolina natalizia che io scrivo
possa rendere le tue giornate felici e radiose
e possa far sì che tutti i tuoi Natale possano essere bianchi.
 

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