Bersani, Veronesi e i funghi atomici della Gabanelli

par Giacomo Lagona
mercoledì 28 luglio 2010

Alcuni mesi fa un gruppo di scienziati apparentati col Pd avevano inviato al Riformista una lettera aperta al segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani, chiedendo di cambiare idea sul nucleare e convincere i contrari a fare altrettanto perché, come si legge, “il nucleare non è ne’ di sinistra, ne’ di destra” e certi “pressapochismi e atteggiamenti antiscientifici” sono assolutamente da evitare. La lettera conclude che bisogna riprendere quello spirito aperto e progressista che permetteva tempo fa al centrosinistra di essere il punto di riferimento per gli scienziati italiani:

I dati ti sono chiari: importiamo più dell’80 per cento dell’energia primaria di cui abbiamo bisogno, principalmente, da Paesi geopoliticamente problematici. Produciamo l’energia elettrica per il 70 per cento con combustibili fossili. Circa il 15 la importiamo dall’estero e prevalentemente di origine nucleare. Se non la importassimo la nostra dipendenza dai combustibili fossili (gas e carbone in primo luogo) salirebbe oltre l’80 per cento. Con le rinnovabili, se escludiamo l’idroelettrico, patrimonio storico del nostro Paese, ma praticamente non aumentabile, produciamo circa il 6 per cento. L’energia solare per la quale sono stati investiti fino a ora circa 4 miliardi, ben ripagati dai generosi incentivi concessi fino a oggi dal sistema elettrico italiano, contribuisce al nostro fabbisogno elettrico per lo 0,2 per cento.

È incomprensibile, invece, la sbrigatività e il pressapochismo con cui, spesso, da parte di esponenti del Pd, vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata e con dati di fatto. Abbiamo nel Paese sentito parlare di “masserie fosforescenti” e altre falsità di questo genere, che cozzano contro il buon senso e ogni spirito di razionale e serio approccio al problema. Basterebbe attraversare il confine e visitare centrali nucleari francesi vicine ai castelli della Loira o quelle nelle vallate svizzere per capire l’enormità di tali affermazioni. O ancora per quel che riguarda i costi del programma nucleare: incomprensibile senza una discussione completa su tutti i dati di riferimento (costi di generazione del KWh, costo del combustibile, durata di vita delle centrali eccetera) e senza confronti con i costi delle alternative in caso di rinuncia al programma nucleare. Per non dire del tema della sicurezza che punta a sottacere il track record di sicurezza degli impianti nucleari che non ha paragoni con quello di ogni altra filiera energetica.

Caro Segretario, occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l’Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell’innovazione. Ampi settori di intellettualità tecnica e scientifica, che un tempo guardavano al centrosinistra come alla parte più aperta e moderna dell’Italia, non ci capiscono più e guardano altrove. Noi ti chiediamo di prendere atto che il nucleare non è né di sinistra, né di destra e che, anzi, al mondo molti leader di governi di sinistra e progressisti puntano su di esso per sviluppare un sistema economico e modelli di vita e di società eco-compatibili: Brasile con Lula, Usa con Obama, Giappone con Hatoyama, Gran Bretagna con Brown. Noi ti chiediamo di garantire che le sedi nazionali e locali del Pd, gli organi di stampa, le sedi di riflessione esterna consentano un confronto aperto e pragmatico. Riterremmo innaturale e incomprensibile ogni chiusura preventiva su un tema che riguarda scelte strategiche di politica energetica, innovazione tecnologica e sviluppo industriale così critiche e con impatto di così lungo termine per il nostro Paese.

In questo fino luglio afoso e infuocato di minacce da una parte all’altra del Governo, aldilà dei processi extra-parlamentari mediatici e giudiziari, c’è ancora qualcuno che riesce a parlare di politica senza tirare in ballo la Magistratura. E’ il caso del professor Umberto Veronesi, oncologo di fama mondiale e Senatore della Repubblica, e ancora una volta il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani. L’aspro dibattito è nato per la proposta della Ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo che vorrebbe affidare la presidenza dell’Agenzia per la Sicurezza del nucleare al luminare 85enne. Lunedì in un’intervista a Repubblica, Bersani auspicava un ripensamento da parte dell’oncologo perché, teme, ci sia “il rischio è di fornire alibi a un piano velleitario e inconcludente”. In realtà il professor Veronesi sta valutando attentamente la proposta, ma conoscendo la sua propensione verso il nucleare, è molto probabile un suo assenso alla presidenza dell’agenzia governativa. Bersani dice di aver parlato con Veronesi e spiegato perché la proposta del Governo non è affidabile; per tutta risposta Veronesi scrive una lettera al Corsera spiegando in cinque punti perché, a determinate condizioni, potrebbe accettare la proposta della Prestigiacomo:

Caro direttore,

Il dibattito che si è sviluppato intorno all’ ipotesi di una mia nomina a Presidente dell’ Agenzia per la Sicurezza del nucleare appare confuso su 5 punti fondamentali, che tengo molto a chiarire.

Primo, la scelta non è ancora fatta: non ho accettato la proposta di nomina a Presidente, ma la sto attentamente valutando. La decisione che ho preso è che, nel caso in cui accettassi, sicuramente mi dimetterei dal Senato. Lo farei non per motivi partitici, ma perché non potrei conciliare attività scientifica, agenzia e lavori in Senato. Dunque al momento continuo la mia attività senatoriale, all’interno della Commissione Istruzione, Ricerca e Cultura, dove si lavora bene intellettualmente e umanamente.
Secondo, ho posto precise condizioni al mio sì: il piano deve essere tecnologicamente avanzato, economicamente sostenibile e professionalmente gestito da figure di alto profilo scientifico e non selezionate in base a logiche di partito. Inoltre il mio ruolo deve garantire ampi margini di libertà di decisione e di azione, e deve essere compatibile con la mia attività clinica, medica e scientifica, che non ho alcuna intenzione di abbandonare.
Terzo, le mie competenze in qualità di Presidente sarebbero di coordinamento degli esperti in materia di nucleare (prevalentemente fisici), con una responsabilità diretta circa la sicurezza per la salute della popolazione. Chi teme la mia mancanza di sapere ed esperienza tecnica sul nucleare va rassicurato: mi occuperò di rischio per la salute e prevenzione, come faccio da sempre, con impegno. Va detto comunque che ho sempre coltivato l’interesse per la fisica (anzi direi che sono un appassionato); non a caso ho ricevuto la Laurea Honoris Causa in Fisica dall’ Università di Milano.
Quarto, la motivazione del mio profondo interesse per la proposta è che ritengo che la scelta del nucleare sia un Bene per il Paese, che amo e che vorrei vedere sviluppare in linea con gli standard mondiali più avanzati. La mia posizione ha origini scientifiche «storiche» e non è cambiata nel tempo. Gli Stati Uniti e, proprio ai nostri confini, la Francia e la Svizzera (modello di qualità di vita per noi italiani) hanno da anni investito nel nucleare e continuano a sviluppare strategicamente la loro scelta. Come fonte di energia, il nucleare è al momento la meno tossica per l’ uomo: il rischio collegato al suo utilizzo è quello di incidente alle centrali di produzione, ed oggi nel mondo è calcolato vicino allo zero. E’ dunque l’alternativa più valida al petrolio, che è altamente inquinante ed è causa di conflitti sanguinosi, oltre che di episodi disastrosi per l’ambiente e la salute, come abbiamo vissuto di recente con la vicenda americana della Bp.


Quinto ed ultimo punto, la mia eventuale decisione a favore della nomina non cambia il mio pensiero, la mia filosofia e il mio impegno sociale. Sono legato (in alcuni casi anche iniziatore) ai movimenti che sostengono i diritti dei più deboli e dei più poveri, che lottano contro l’ ingiustizia sociale, che si impegnano contro gli squilibri economici, l’ indigenza e la fame nel mondo, che promuovono la pace e il rispetto dei diritti umani, che agiscono a favore della questione femminile. Questi sono i temi che applicano i valori della Sinistra, a cui ho aderito per tutta la vita, dalla lontana Resistenza, all’ incarico come Ministro in un Governo di sinistra, fino al mio recente impegno in Parlamento. Valori che non rinnego e continuerò a trasformare in atti concreti. Per questo, su caloroso invito di Walter Veltroni, nel 2008 ho accettato di candidarmi al Senato e per questo, sono convinto, sono stato eletto a Milano: portare in Parlamento i miei 50 anni di battaglie per la salute, la scienza e la libertà di pensiero e di ricerca. Come ho dichiarato apertamente, non sono mai stato iscritto ad un partito e non mi sono iscritto al Pd. Il mio contributo alla vita dei cittadini e al Paese sono convinto sia, in questo momento, accettare un ruolo di tutela della salute nell’ambito di una scelta nucleare (che strategicamente condivido) comunque già presa dall’attuale Governo.

Per questo, se tutte le condizioni che ho indicato saranno rispettate, accetterò la nomina di Presidente dell’agenzia per la sicurezza del nucleare.

Umberto Veronesi

Dunque il professor Veronesi sta ancora valutando la proposta e mette al primo posto cinque punti fondamentali che dovranno essere accettati per consentirgli di svolgere al meglio il lavoro per cui è stato scelto.

Innanzitutto si dimetterebbe da senatore perché non riuscirebbe a portare avanti tutte e tre le alte cariche – Commissione senatoriale, presidenza dell’agenzia e, soprattutto, il suo amato lavoro di ricercatore oncologico -, ma le dimissioni da sole non bastano. Il professore chiede al Governo che il piano sia “tecnologicamente avanzato, economicamente sostenibile e professionalmente gestito da figure di alto profilo scientifico”, ma deve essere innanzitutto compatibile con la sua attività medica perché di abbandonarla non se ne parla nemmeno. Col terzo punto decide di occuparsi di prevenzione alla salute calcolando i rischi che lo studio del nucleare impone, però, dato che di fisica è un appassionato con tanto di honoris causa, il suo interesse resta principalmente scientifico. Veronesi ritiene che il nucleare sia un bene, e lo dice prendendo come esempio la Francia e la Svizzera – modello di qualità di vita: il nucleare è meno tossico, i rischi collegati al suo utilizzo sono pari a zero, è l’alternativa al petrolio molto inquinante e causa di conflitti umani e ambientali. L’ultimo punto in sostanza ribadisce ciò che ha appena detto, con l’aggiunta che questo governo tiene alla salute e vuole usufruire delle risorse nucleari per il futuro. Se queste condizioni verranno rispettate accetterà la presidenza dell’agenzia sul nucleare.

Il discorso del professore è molto vago su temi che probabilmente conosce ma non fino in fondo, anche se credo sia stato vago per non dilungarsi troppo. Però mi sarei aspettato da uno scienziato delle risposte molto più argomentate su alcuni punti, specialmente per la materia tutt’altro che semplice da comprendere per un pubblico non addentro a certe tematiche come lo è il nucleare. Nelle parole di Bersani, inoltre, si legge che il Pd non è contrario al nucleare in sè, ma lo è sull’ipotesi avanzata dal Governo e sulle modalità che essi lo vogliono portare in Italia. Ergo che in questa fase nessuno dei duellanti vuole abbassare la cresta perché ognuno ha le proprie ragioni e i propri dubbi.

A fare da paciere tra i due litiganti arriva una terza lettera (aridaje!) al Corriere addirittura di Milena Gabanelli che critica ferocemente le questioni nucleari di Umberto Veronesi:

Caro direttore, premetto che non ho interesse per le preferenze politiche del Prof. Veronesi; è un oncologo di fama e mi aspetto che faccia tutto quello che può per curare il cancro. Da un paio d’anni è anche senatore, carica che ha accettato a patto che non gli porti via tempo per i suoi pazienti. Intento nobile verso i pazienti, meno verso i cittadini che, pagando un lauto stipendio ai senatori, si aspettano che dedichino le loro energie alla gestione politica del Paese. Ora è stato proposto il suo nome come Presidente dell’Agenzia per la Sicurezza del Nucleare, nomina che accetterebbe volentieri, di nuovo a condizione che non sottragga tempo ai suoi pazienti. Ovvero, bisognerebbe adattare le necessità di un’agenzia così delicata e fondamentale agli impegni del candidato presidente. Intanto venerdì scorso in Senato è stato approvato un decreto che gli consentirebbe, se volesse, di andare in deroga alla legge che vieta a chi ha incarichi politici di presiedere un’authority.

Riguardo invece alla sua competenza in materia, scrive: «Sono un appassionato di fisica, non a caso ho ricevuto la laurea honoris causa». Nuclearista convinto, cita la Francia come modello di qualità di vita per noi italiani. Partendo dal presupposto che l’agenzia non sia un bluff ma qualcosa di straordinariamente serio, non è affatto rassicurante l’idea che venga diretta (nei ritagli di tempo) per 7 anni, da un uomo che oggi ne ha 85, anche se è il più bravo oncologo del pianeta. Presiedere l’agenzia per il nucleare vuol dire affrontare problemi di carattere tecnico, elaborare i regolamenti insieme ai commissari, dare il parere sui progetti, verificare il rispetto delle regole e prescrizioni a cui sono sottomesse le installazioni. Un lavoro certamente a tempo pieno, meglio se subordinato a una competenza specifica, più che a una passione. Siccome il Prof. Veronesi cita il modello francese, saprà che la loro agenzia (ASN) è diretta da Jean Christophe Niel, 49 anni (laureato in fisica teorica che ha ricoperto incarichi di vertice nel controllo sul ciclo del combustibile e dei rifiuti, ed è stato per anni capo del dipartimento per la sicurezza dei materiali radioattivi). Il presidente è Andrè-Claude Lacoste, 69 anni, ingegnere, da 17 anni con incarichi direttivi nel settore sicurezza nucleare.

Il Prof. Veronesi ha poi espresso un’opinione sul fattore rischio («oggi calcolato quasi vicino allo zero»), che sembra non tener conto dei cosiddetti piccoli incidenti quotidiani, riportati da tutte le Agenzie, che si verificano proprio in Francia; per non parlare delle basse emissioni permanenti degli impianti, come dimostra lo studio del Prof. Hoffman ordinato dalla Cancelliera Merkel. Parlare invece di nucleare come «l’alternativa più valida al petrolio» è solo suggestivo, poiché il petrolio serve soprattutto a far muovere le macchine e solo in minima parte ad alimentare le centrali elettriche. Infatti in Francia, Paese più nuclearizzato d’Europa, il consumo procapite di petrolio è più alto rispetto a quello italiano. Succede di essere approssimativi quando ci si occupa di troppe cose.

Milena Gabanelli

La Gabanelli, solitamente restia ad intromettersi in questioni che non riguardano direttamente la sua persona, interviene molto duramente nei confronti del senatore e delle sue scelte, perché, secondo la conduttrice di Report, il problema non sono solo i tanti impegni contemporanei del professore, ma principalmente la sua ignoranza diretta in materia nucleare e l’età non propriamente adeguata per cimentarsi in un’operazione a così alto rischio. Ma la stroncatura arriva alla fine, entrando nel merito del rapporto Veronesi-Pd, con un’argomentazione più adeguata al leit-motiv, rispetto alla superficialità con cui lo scienziato aveva trattato il tema di rispetto ambientale, consumo petrolifero e fattori di rischio.

La Gabanelli non le manda certo a dire, nemmeno di fronte al miglior oncologo vivente. E forse è proprio la natura diversa dell’argomento che la giornalista lo vuole far passare come messaggio sbagliato. E probabilmente ha pure ragione.


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