Berlusconi: dopo di lui il diluvio?

par Luigi Nicotra
martedì 16 novembre 2010

Italia: paese dei paradossi politici, istituzionali e morali.

Nell’eccesso di identificazione della sua persona con i destini del nostro Paese, Berlusconi vorrebbe, ora, che nel caso che la sola Camera lo sfiduciasse, si andasse ad elezioni anticipate solo per il rinnovo di quel ramo del Parlamento.

Ancora. Convinto che il suo incarico sia frutto di una sorta di investitura plebiscitaria, sostiene che "ci sono dei professionisti della politica che possono aspirare a diventare presidente del Consiglio, o della Repubblica, solo grazie a compromessi di palazzo, agendo come se la gente non esistesse. Ma questa non è democrazia: è solo partitocrazia ".

Il nostro Presidente del Consiglio dimentica o fa finta di dimenticare due cose, entrambe estremamente importanti. La prima, che è prerogativa esclusiva del Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere. La seconda, che la gente ha dato il proprio voto ai partiti e non ad un uomo e che, quindi, per quanto il leader possa essere importante, nel nostro sistema parlamentare le organizzazioni partitiche, piaccia o meno, hanno ancora un peso di prim’ordine. Questo fino a che non si decidesse di cambiare il sistema elettorale in maggioritario puro, con collegi uninominali. Qui sì che il candidato assumerebbe un rilievo tutto particolare nella ricerca del consenso sulla propria persona. Lo stesso, ça va sans dire, avverrebbe nel caso la nostra Repubblica si trasformasse in Presidenziale. Ma tutto ciò comporterebbe interventi, in parte legislativi ordinari ed in parte d’ordine costituzionale, cui sarebbe chiamato il Parlamento e, quindi, ancora i partiti attualmente rappresentati.

Ma Berlusconi soffre evidentemente di "cesarismo", come ebbe a dire tempo fa l’On. Fini o, se si preferisce, di "bonapartismo". In terra di Francia, si rammenta la famosa frase «Après moi le déluge» pronunciata dal re Luigi IV. Lo stesso pare voglia dare a intendere Silvio Berlusconi che, identificando se stesso con lo Stato, potrebbe fare propria anche l'altra qualificazione di se stesso del Re Sole, vale a dire "l’Etat c’est moi", cioè lo Stato sono io. Ora, al di là del merito delle questioni concernenti l’architettura costituzionale della nostra Repubblica e la correlata divisione di poteri fra Parlamento, Presidenza del Consiglio e Presidenza della Repubblica, quello che dovrebbe preoccupare maggiormente è questo ripetersi di invasioni del campo altrui nell’ambito di quelle che sono le prerogative costituzionali per ora ancora vigenti. Ciò denota assenza di senso dello Stato, inteso nella sua veste rappresentativa e non assolutistica, con conseguente discredito delle istituzioni democratiche.

Il ripetuto attacco, poi, ad alcuni giornali che, secondo il Premier, sarebbe meglio non leggere ed ad alcune trasmissioni RAI, sembra denotare l’incapacità a considerare la libertà di stampa e di espressione come un valore assoluto in una libera democrazia e ciò a prescindere dalla condividere o meno le opinioni espresse.

Ora, che il ns. Paese non brilli per coerenza e rispetto delle leggi e di alcune regole della convivenza civile, è cosa notoria. Ma da qui a vedere il premier e la sua formazione politica, oltre ai media che lo appoggiano, giocare al tanto peggio, tanto meglio, evocando perfino scenari da guerra civile, ce ne passa.


Il Governo ed il partito di maggioranza relativa ancor di più, anziché occuparsi dei problemi del Paese, si ostinano a sprecare energie e risorse in quello che appare essere, al momento, il pressoché unico impegno, vale a dire la difesa a spada tratta del proprio leader. Un leader che risulta sempre più indifendibile, anche alla luce della recente vicenda " Ruby " le cui connotazioni, sia dal punto di vista morale che politico/istituzionale, sono tali da non potere certo essere semplicisticamente ricondotte nell’alveo delle questioni di carattere meramente privato.

L’altro partito governativo, vale a dire la Lega è, forse, l'unica forza che, da questo totale bailamme, può ricavare dei vantaggi, accreditando ulteriormente l'idea che questo Stato "romano" e centralista non ha futuro. Diventa sempre più plausibile l’ipotesi che quello che finora è apparso come un appoggio incondizionato di Bossi a Berlusconi, in realtà possa essere un'abile tattica attraverso la quale sospingere o, comunque, sostenere il Cavaliere in scelte sempre più sconsiderate per poi essere lei, la Lega, ad accreditarsi come forza d'ordine e di cambiamento nel mai accantonato disegno secessionista.
L’opposizione, da parte sua, è unita solo nel segno del rovesciamento del Governo Berlusconi, per fare cosa, tuttavia, non è dato di saperlo. Non c’è, infatti, un solo argomento sul quale le varie forze politiche d’opposizione siano in sintonia, a partire da quella legge elettorale che tutti vorrebbero riformare ma per la quale ciascuno ha una propria, particolare idea.

In un altro paese, in uno normale, non si sarebbe mai arrivati a tanto. Un premier siffatto e le forze che lo sostenevano, avrebbero sicuramente fatto da tempo un passo indietro e ciò nel superiore interesse della sicurezza e della collettività nazionali. L’opposizione e, soprattutto, il maggiore partito di opposizione, avrebbe da tempo fatto il proprio dovere, sfiduciando il Governo, con una proposta programmatica precisa sulla quale invitare gli altri partiti al confronto e la gente al voto.

Siamo, invece, alla guerra di logoramento, con il solo intento di sfiancare l’avversario per obbligarlo alla trattativa oppure per strappargli l'iniziativa, posto che nessuno dei due schieramenti è in grado di prevalere l'uno sull'altro attraverso il confronto politico/programmatico.

Intanto, si consumano le risorse morali e materiali di questo nostro Paese.

Lo scenario che ora si prospetta è quello da Paese latino-americano. C'è solo da sperare che la nostra gente sia, da un lato, talmente pacifica e che, dall'altro, alcune categorie siano sufficientemente interessate a continuare a gestirsi i loro affarucci di sempre che sconvolgimenti eccessivi potrebbero minare, da scongiurare situazioni da golpe sud-americano.

E’ un paradosso, me ne rendo conto. Ma il nostro non è il Paese dei paradossi?


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