Bergamo: siamo tutti Luigi Martinelli

par Nicola Spinella
venerdì 4 maggio 2012

 

La vicenda di Luigi Martinelli, l’imprenditore protagonista del plateale sequestro in provincia di Bergamo, pone l’accento sul crescente disagio che ormai convive con la maggioranza dei cittadini, stanca di essere bollata con il marchio dell’evasione fiscale. E c’è il rischio di emulazione

 

Come un novello John Q, l’eroe americano del film di Cassavetes che sequestrava pazienti in un ospedale per accendere i riflettori sulle pessime condizioni della sanità statunitense, Luigi Martinelli ha un fine altrettanto nobile che ispira un gesto sì sconsiderato, ma per certi versi inevitabile: l’imprenditore bergamasco balzato agli onori della cronaca per il sequestro di alcune persone all’interno di una sede dell’Agenzia delle Entrate, è uno dei milioni di cittadini quotidianamente strozzati dal giogo dello stato. 

Non ce l’ha fatta più, Martinelli. I nervi hanno evidentemente ceduto, sotto i continui attacchi psicologici cui i cittadini sono quotidianamente sottoposti. 

Probabilmente non lo sa, ma in quelle ore concitate c’era tutta l’Italia insieme a lui, dentro quell’agenzia. Da più parti si levano i commenti a favore dell’azione, grave ed illecita quanto inevitabile: l’Italia dei suicidi e delle rapine per il cibo, quella in cui gli esodati si troveranno a pagare un balzello che non è invece dovuto dalle fondazioni bancarie perché queste ultime sono fondazioni benefiche. E’ facile che in una realtà in cui i rapporti tra bene e male sono così invertiti, qualcuno possa perdere la testa e lasciarsi andare a gesti di protesta eclatanti.

E’ un mondo che gira al contrario quello di casa nostra, e non sorprende che qualcuno abbia imbracciato le armi per farsi giustizia da sé, come nel film con Denzel, perché anche a Romano di Lombardia l’autore del gesto combatteva per un cuore: il suo, straziato da uno stato sempre più predato dai partiti (gli stessi che sono graditi al Presidente Napolitano, alla faccia dell’imparzialità antigrillina!) e dalla cattiva amministrazione montiana.

La disperazione è ormai palpabile: si guarda al portinaio come al peggior nemico possibile, che da un momento all’altro può rovinarci la giornata consegnandoci una cartella esattoriale uscita da chissà dove, con interessi che farebbero vergognare coloro i quali vivono di usura. 

Purtroppo c’è da attendersi un aumento degli atti dimostrativi, soprattutto adesso che qualcuno ha aperto le danze: potrebbero ripetersi episodi simili a quelli di Bergamo, ovunque nel paese serpeggia la sfiducia nell’esecutivo e nelle istituzioni.

A costo di ripetersi, è certamente colpa di chi non sta tenendo in dovuta attenzione il clima di conflitti sociali che sta lentamente divorando il paese: il governo dei ragionieri utilizza la calcolatrice come Rambo usava il mitra, sparando indiscriminatamente tanto al pensionato che all’evasore che rimpatria capitali dall’estero (evitando accuratamente quest’ultimo e altri enti di carità, come le già citate fondazioni bancarie, n.d.r.).

E’ una situazione da seguire attentamente, cui le istituzioni devono prestare attenzione più di quanta non se ne accordi ad un diktat merkeliano o draghiano. 

Se qualcuno sperava in un’ondata di suicidi, deve ricredersi. E sarebbe bene iniziasse a muoversi, per evitare che i disperati inizino a rivolgere le armi contro altri innocenti o, chissà, contro altri colpevoli: un popolo che non ha più nulla da perdere diventa, per definizione, pericoloso.

Perché sarà facile assistere, in un prossimo futuro, anche ad aggressioni indiscriminate a carico di esponenti della politica. E’ la logica dell’esasperazione.

Da più parti si sollevava il grido in difesa (giustamente) degli ostaggi di Martinelli, innocenti che in astratto hanno rischiato la vita. Anche se in fondo, a rischiare la vita per disperazione, era forse solo il sequestratore: pronto ad uccidersi per farla finita con un paese che ti dà considera una borsa da cui attingere.


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