Benevento: il paradosso di 127 lavoratori sospesi da luglio

par Giovanni Chianelli
giovedì 26 maggio 2011

A Benevento, da luglio, ci sono 126 persone che non esistono più. Sono i dipendenti dei consorzi per lo smaltimento dei rifiuti, quelli stabiliti dalle Legge 26 del 2010: da luglio, appunto, sono stati sospesi dal lavoro. In un continuo scaricabarile di responsabilità tra comuni consorziati, Provincia, regione, prefettura.

Mobilitazioni e ricorsi non sono serviti a nulla. Nessuno si vuole occupare di loro, sull'orlo della miseria. In base a questa curiosa disposizione ("sospensione dal lavoro") non hanno diritto a cassa integrazione, neanche in deroga. Non possono trovare altri lavori, essendo formalmente ancora dipendenti dei Consorzi. Né possono accedere ad assistenza sanitaria, previdenziale. Ma con tutti gli oneri di una persona fisica: tasse e bollette da pagare, case da portare avanti e figli da crescere. Una soluzione del problema, se esiste, è lontanissima. E non c'è un ente che voglia prospettarla: "Stiamo morendo", il grido unanime.
 
Una mattinata insieme a queste persone, ormai ai margini della società civile in quanto a diritti e possibolità di sussistenza, è l’occasione per affacciarsi su una manciata di storie. Tutte, irrimediabilmente, tragiche. Servono come didascalia di questa vicenda storta. Peppe, napoletano, da undici anni fa spola tra il capoluogo e Benevento. Ha tre figli e non sa più come mantenerli: “Perché i figli dei politici mangiano, si vestono, conducono vite normali e i miei no?”. A volte ha scatti di ira, incita alla rivolta. Tutto molto legittimo. In tanti mostrano le ingiunzioni di pagamento che da mesi li assediano. Sono scritte che trasformano le loro notti in ossessioni: “Avviso di sfratto”, “Pagamento immediato”, il sottofondo di un incubo da cui sembra difficile usicire. Colpa dello scaricabarile tra Comuni, Provincia, Prefettura.
 
Per Domenico il quadro è chiaro: “Quando fungevamo da serbatoio elettorale e pretesto per finanziamenti europei ci ascoltavano e ci davano lavoro. Ora che non gli serviamo più ci dimenticano”. Intanto lui ha due figli grandi che senza la sua guida morale rischiano lo sbando. Il vero problema è proprio l’individuazione di un responsabile. L’ultima che stanno pensando è quella di occupare la Regione, magari a elezioni amministrative terminate. Addirittura, vorrebbero denunciare i responsabili per tentato omicidio, mobbing, istigazione a delinquere (d'altra parte cosa gli rimane per sopravvivere?). Cercano visibilità per le loro storie cui nessuno vuole più guardare. Azzerati i diritti, la possibilità di ricevere contributi, o prestazioni sanitarie: “Ci hanno levato qualsiasi cosa. Ora ci paghiamo tutto da noi”, fanno eco in molti. Nei loro occhi si vede la disperazione. Ormai, per tirare avanti quasi un anno senza stipendi, hanno finito i risparmi e messo in vendita il possibile.
 
I lavoratori, o ex come amano ironizzare, non possono neanche accedere ad altre forme di emolumento. Alcuni che cercavano altri lavori sono stati “pizzicati”, dopo di che gli è stato intimato di desistere. Rischiano grosso se cercano di lavorare per altri, sono formalmente ancora dei dipendenti dei Consorzi. Pina ha dei figli cui non sa più come rispondere, se cercano scarpe nuove o una vacanza: “Mamma non può”, è l’amara risposta. Uno di questi lavoratori senza lavoro, Nicola, già si è tolto la vita per il dramma in cui versava. Ma continuano a considerarlo tra loro. Alcuni sventolano sentenze di cassazione, verdetti di giudici, si richiamano alla Costituzione ma niente da fare: come se quel 28 luglio lo Stato, con le sue conquiste sociali e le sue garanzie, per 127 persone abbia smesso di esserci.

Leggi l'articolo completo e i commenti