Benetazzo, Neurolandia e la crisi troppo onerosa

par Damiano Mazzotti
venerdì 27 luglio 2012

Il guru Eugenio Benetazzo ha da poco pubblicato "Neurolandia” (Chiarelettere), un saggio agile e polemico incentrato sulle crisi finanziarie europee che rischiano di annichilire l’euro. “Vedi, Max, quei poveretti [operai] non hanno ancora capito che, oggigiorno, le catene dei popoli sono fatte con la carta dei ministeri”. Franz Kafka.

Benetazzo è un economista giovane e indipendente che paragona l’Europa a un manicomio, dove i membri delle classi dirigenti si improvvisano medici e infermieri e imbottiscono i cittadini di "psicofarmaci per non farci prendere coscienza del disastro che essi stessi hanno causato”. L’Europa è schiava delle grandi banche d’affari e non oppone resistenza alla stagflazione degenerante che combina la stagnazione dei consumi con l’inflazione: “il destino più funesto a cui un paese sviluppato o un’economia avanzata con un gradiente di debito molto consistente possa andare incontro […] infatti provoca una riduzione del gettito fiscale, il che obbliga i governi a imporre altre gravose politiche di raccolta per reperire nuove risorse finanziarie”. E la cattiva gestione dell’unione monetaria rende più complicate le cose.

Sono molti anni che paesi come Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia aumentano i propri debiti pubblici senza investire in ricerca e sviluppo e prima o poi i nodi vengono al pettine. In realtà l’euro ha causato solo indirettamente le attuali difficoltà finanziarie di molti paesi europei, poiché le agenzie di rating, i centri finanziari anglosassoni e “gli Stati Uniti non vogliono un’Europa capace di imporre la propria moneta, particolarmente forte in Oriente. L’ascesa dell’euro come alternativa alla vecchia egemonia del dollaro negli scambi internazionali deve perciò essere bloccata”.

Se si indeboliscono i mercati e le aziende dei paesi alleati si favoriscono le economie dei paesi non alleati ed è quindi un grande errore strategico a medio e lungo termine. Lo storico Carlo Cipolla affermava che le persone più pericolose sono gli stupidi. E i politici dalla vista corta e gli economisti masterizzati con il pensiero unico finanziario sono diventati gli stupidi più pericolosi del pianeta. Non si tratta solo di ridimensionare l’egoismo e l’avidità, ma bisogna soprattutto ritornare a garantire il rispetto della legalità.

Il ritocco truffaldino del Libor, il tasso interbancario di Londra, è l’ulteriore prova che finché qualche vecchio banchiere anglosassone non finirà imprigionato, esiliato o malmenato, la crisi non finirà. Anzi, peggiorerà a livelli drammatici quando i multimilionari decideranno di levare quasi tutti i loro capitali dalle grandi banche occidentali coinvolte nella compravendita dei derivati, la nuova versione istituzionalizzata del famigerato schema Ponzi e del mercato delle tratte mirabilmente raccontato da Adam Smith nel saggio “La ricchezza delle nazioni”.

Comunque l’economista anticonformista si diverte a fustigare le idee populiste e piccolo-borghesi e afferma: “Amici nostalgici della liretta, mettetevi il cuore in pace: non si può fare”. Infatti l’energia e i beni di primi necessità potrebbero aumentare in modo insostenibile e bisogna considerare che quando avevamo la lira nel Wto non c’erano la Cina, l’India, il Brasile, la Corea del Sud, Israele e tanti altri paesi che hanno investito nell’istruzione e nei giovani, attraendo capitali da tutto il mondo.

Però è possibile e forse vitale creare delle obbligazioni europee: gli Eurobond a tasso fisso e ridotto. Dopo una guerra molti paesi hanno usato i tassi fissi ridotti all’uno per cento per far diminuire progressivamente i debiti. Invece l’attuale fondo salvastati è un banale “consorzio di garanzia” che non incide più di tanto sull’abbassamento degli alti tassi di interesse che gli stati dissanguati sono costretti a pagare per favorire pochi membri psicopatici della casta bancaria e finanziaria. Infatti le nazioni condannate a pagare interessi intorno al 5 o al 6 per cento trimestrali sui vari titoli di Stato sono condannate al coma economico e alle rivolte civili durature.

Per quanto riguarda l’Italia, Benetazzo propone di nazionalizzare il debito pubblico attraverso “delle obbligazioni del tesoro con incentivo fiscale (Otif), uno strumento di finanza straordinaria che consentirebbe agli italiani di acquistare progressivamente e velocemente il margine residuo dello stock di debito detenuto da investitori istituzionali esteri. Eventuali tassi intorno al 2 per cento permetterebbero l’emancipazione dalle lobby dei mercati anglosassoni e potrebbero consentirci di respirare molti mesi in attesa del naturale ritorno della ripresa economica, che viene ripetutamente ritardata da scelte politiche inique, perverse e fallimentari.

Infine nell’appendice del libro c’è anche il contributo del giornalista Gianluca Versace che riporta la sintesi del pensiero di Luigi De Marchi, psicologo e politologo morto nel luglio del 2010. Il libero pensatore era dell’opinione che “la vera lotta di classe non è quella tra lavoratori dipendenti e indipendenti del privato (come vuol far credere da cent’anni almeno la sinistra tradizionale) ma quella tra la classe politico-burocratica sfruttatrice e il popolo sfruttato dei produttori dipendenti e indipendenti del privato”. E così De Marchi è stato ingiustamente emarginato dai mediocri circoli mediatici che prosperano grazie al servilismo e alla partitocrazia della penisola italiota dei media.


Leggi l'articolo completo e i commenti