Belgrado. Aut–aut della Merkel: "riconoscere il Kossovo per entrare in Europa”

par Sergio Bagnoli
lunedì 29 agosto 2011

Il Presidente serbo Boris Tadic respinge la proposta tedesca e ribadisce che “pur di non rinunciare alla parte settentrionale del Kosovo il suo paese dirà di no all’Unione europea”.

Durante la recente visita, compiuta lo scorso 23 Agosto, a Belgrado il Cancelliere tedesco Angela Merkel si è resa protagonista di uno scontro con il presidente serbo Boris Tadic.

La prima donna di Germania ha posto alla dirigenza serba un deciso aut-aut chiedendole di riconoscere immediatamente e senza condizioni l’indipendenza del Kossovo in cambio della stipulazione, per la fine dell’anno, dei primi accordi d’adesione all’Unione europea della Serbia.

“Se volete sperare in un futuro nell’Unione Europea dovete riconoscere il Kossovo” ha scandito al collega di Belgrado con piglio la Merkel. L’ultimatum ha portato ad una certa freddezza tra le parti in occasione della conferenza-stampa conclusiva del vertice della settimana scorsa.

Successivamente il Presidente della Repubblica serba, il democratico Boris Tadic, ha replicato alla Cancelliera tedesca affermando che “mai e poi mai la Serbia riconoscerà il Kossovo, piuttosto rinuncerà all’ingresso nell’Unione europea”.

Non sono certo valse ad ammorbidire la dura risposta serba le successive aperture concilianti di parte tedesca che ha sottolineato come sia primario interesse della Germania e dell’Unione europea l’allargamento di questa sino a comprendere tutta la penisola balcanica.

Tadic, e con lui tutto il governo di Belgrado, d’altronde si trova in una condizione che lo impossibilita a fare grosse aperture verso Bruxelles: ad Aprile dell’anno prossimo ci saranno le elezioni presidenziali ed il rischio di passare alla storia patria come colui che ha svenduto gli interessi serbi è assolutamente immanente.

L’opposizione nazionalista e revanscista a Belgrado sta comunque all’erta ed è pronta a "sbranare" il povero Tadic facendo ripiombare la nazione slava in uno scenario apocalittico. Non conviene certo né alla Germania né all’Unione europea un ritorno dei nazionalisti al potere a Belgrado.

Questi, infatti, già oggi dicono: “l’Unione europea desidera che noi svendiamo la nostra dignità, rifiutiamo l’idea di aderirvi; tanto noi i nostri amici li abbiamo già, sono i russi, slavi ed ortodossi come i serbi. Bruxelles ci farebbe piombare solamente in un meticciato culturale assai pericoloso”. Da parte sua invece la Germania, e con essa l’Unione europea si sono molto spaventate quando il mese scorso il governo di Pristina con un colpo di mano ha cercato di cacciare dal Nord del Kossovo i gendarmi serbi e di riappropriarsi di due posti di confine dando la stura ad alcuni giorni di disordine.

L’azione del governo albanese del Kossovo è stata stigmatizzata da Bruxelles, ma intanto i maggiori paesi europei hanno dovuto inviare nella riottosa repubblica balcanica altre truppe di pace.

I paesi della Vecchia Europa ormai sono stanchi di continuare, in un periodo di difficilissima situazione economica anche per giganti come la Germania, a spendere barcate di quattrini in quella specie di buco nero che è il Kossovo ed il nuovo comandante delle truppe internazionali di interposizione a Pristina, l’intransigente generale tedesco Buhler, non ammette più l’esistenza di strutture amministrative parallele serbe, scuole, tribunali, ospedali, nel nord dell’ex provincia autonoma jugoslava.

C’è chi mormora che stia, addirittura, predisponendo un piano per l’arresto dei responsabili di queste strutture. Belgrado, invece, teme che, se anche nel nord del Kossovo dovesse dispiegarsi la potestà d’imperio di Pristina, per i serbi che là sono in maggioranza sarebbe comunque la fine perché il governo albanese dello staterello balcanico inizierebbe una subdola opera di pulizia etnica, questa volta con l’avvallo dell’Unione europea e della Nato.

A più di dieci anni dalla fine del conflitto armato nel Kossovo tra esercito serbo e fronte albanese-kossovaro di liberazione, dunque, siamo ancora ben lontani dalla normalizzazione della situazione, considerato anche che il paese mentore dell’indipendenza di Pristina, e cioè la vicina Albania, per bocca del Commissario europeo all’allargamento Stefan Fule è ben lontana dal soddisfare i criteri di stabilità politica richiesti per l’inizio del suo processo di avvicinamento all’Unione.

Il rischio è che quella kossovara diventi uno dei tanti esempi di conflitto dimenticato che allignano ai margini d’Europa come a Cipro o nella Repubblica di Moldavia e cioè in Transnistria.


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