Bavaglio alla rete
par pint74
giovedì 12 febbraio 2009
Ci provarono nel 2007 con la Levi-Prodi ed ora tornano all’attacco...
Era l’ottobre del 2007 quando venne approvato il disegno di legge Levi-Prodi che prevedeva la creazione di un registro nazionale dei blog italiani e l’estensione dei reati a mezzo stampa di tutti quelli che si sarebbero registrati, nonchè del reato di stampa clandestina per chi non avesse accettato di farsi "schedare"in questo fantomatico registro nazionale.
Una sollevazione di tutti i blogger nazionali nonché le forti critiche da parte di alcuni deputati come Di Pietro e il ridicolo a cui si sarebbe sottoposta la nazione agli occhi del mondo (vedi commenti ironici del Times),eliminarono questo ridicolo decreto legge.
Oggi, i soliti noti, ci riprovano.
Questa volta, però, la tattica è più subdola.
Il vecchio decreto Levi-Prodi, viene riproposto in versione modificata dal senatore D’Alia (UDC) come emendamento al noto pacchetto sicurezza(DDL 733).
In via teorica la cosa non è del tutto sbagliata ma vorrei ricordare che nelle tipologie di reato descritte in questo articolo possono benissimo rientrare le critiche al pacchetto sicurezza o il decreto anti intercettazioni ad esempio.
In pratica questo emendamento legalizza la censura e l’oscuramento di quei siti o blog che per una qualsiasi ragione vollessero criticare l’operato del governo o legi ingiuste.
Le pene, fra le altre cose, sono pesantissime: da 50mila a 250 mila euro di multa e fino a 5 anni di carcere se i reati imputabili rientrassero nell’articolo 414 del codice penale(istigazione a delinquere).
L’avvocato Daniele Minotti, contattato da Punto Informatico, commenta così questa legge: i reati d’opinione sono reati che non sono inquadrati dalla legge in maniera definita, che potrebbero sovrapporsi con la manifestazione del pensiero dell’individuo, un diritto tutelato dall’articolo 21 della Costituzione. I provider, concordano, i consumatori, potrebbero trovarsi ad agire come setacci della libera espressione: il filtraggio può essere ordinato qualora "sussistono concreti elementi che consentano di ritenere" che sia stato commesso un reato.
In pratica, la democratica Italia, si ritrova una legge degna della "democratica" Cina.
Il senatore D’Alia definisce questo provvedimento necessario per impedire che si ripetanoi fatti accaduti sul social network Facebook, cioè inneggio a capi mafiosi, terroristi ecc.
Una scusa che potrebbe convincere solo chi non utilizza mai la rete come mezzo informativo e si riempie della "cultura" dei media tradizionali o per benpensanti dalla falsa morale.
In realtà si tratta dell’ennesimo tentativo di censurare uno strumento che fornisce notizie ed informazioni non filtrate e non politicizzate da partiti o da grossi gruppi di potere (industriali, banchieri,ecc.).
Se qualcuno non ferma questa folle legge,un giorno,perfino questo sito potrebbe trovarsi a fare i conti con la censura.
Magari solo perchè qualcuno definisce ingiusti i privilegi dei nostri governanti o perchè critica questo o l’altro politico.
La democrazia italiana è sempre più in pericolo e la maggior parte della gente sembra non notarlo...
E’ forse questa la vera sconfitta, l’indifferenza.