Bauman, Mazzeo e l’educazione contemporanea
par Damiano Mazzotti
giovedì 15 marzo 2012
“Conversazioni sull’educazione” è un saggio limpido e rinfrescante che delinea le trasformazioni sociali e le condotte educative deficitarie della civiltà occidentale (Edizioni Erckson, 2012).
L’esposizione magistrale di Bauman e Mazzeo si focalizza sul consumismo e sul fatto che “il dispositivo di conversione e assimilazione, cioè la ricetta premoderna per gestire la presenza di stranieri, non è più utilizzabile nella condizione attuale di un mondo multicentrico e multiculturale. La necessità di sviluppare, apprendere, praticare l’arte di vivere con gli stranieri e con la differenza in modo permanente e quotidiano è ormai inevitabile”. Anche perché ci sono continui incrementi demografici, ma non ci sono altre terre e altri pianeti vergini da colonizzare a portata di galassia.
Oggigiorno le persone che emigrano non vogliono più diventare simili ai cittadini del paese ospitante e “il lento processo verso un nuovo modo rispettoso di convivere non può venire dai nostri politici […] troppo focalizzati sul mantenimento dei propri privilegi […] ma può scaturire dal laboratorio spumeggiante e ribollente delle interrelazioni tra i giovani” (Mazzeo).
Naturalmente serve il contributo catalizzatore degli educatori. E gli educatori più giovani possono svolgere meglio questo difficile compito, in questo mondo sempre più complesso, veloce e interattivo.
Bisogna poi considerare che "più gli immigrati sentono le loro tradizioni rispettate dai cittadini nativi, più sono portati a integrarsi" nei nuovi ambienti culturali del paese ospitante (Amin Malouf, scrittore libanese di cultura cristiana, diventato di recente uno dei membri dell’élite dell’Accademia francese). E probabilmente “il modo migliore per entrare in contatto con la differenza è quello di cooperare in modo informale e aperto” (Richard Sennett, sociologo e scrittore statunitense). Quindi quasi tutte le attività umane ludiche e non competitive sono le più adatte a favorire il progresso delle relazioni interculturali.
Per quanto riguarda la qualità delle scuole italiane si può forse affermare che è alta al primo livello dell’educazione, cioè nel trasferire l’informazione e nello stimolare la memorizzazione. La qualità è invece piuttosto bassa nel secondo livello e cioè nell’insegnare a padroneggiare la “cornice cognitiva” per gestire al meglio le azioni future. E a mio avviso le abilità didattiche sono sempre basse quando si prende in esame il terzo livello: sono pochi gli insegnanti italiani che riescono a ispirare lo spirito critico e a stimolare e supportare quelle “capacità di smontare e rimontare la cornice cognitiva” vecchia per rimpiazzarla con una nuova più realistica o più vantaggiosa.
In ogni caso i giovani devono prepararsi a perfezionare le lingue straniere durante gli “inevitabili” periodi di disoccupazione più o meno lunghi legati alla crisi economica epocale (per approfondire gli argomenti toccati vedere qui, qui e qui). Infatti “per la prima volta, a memoria d’uomo, l'intera classe dei laureati si trova di fronte un’alta probabilità, che è quasi una certezza, di svolgere lavori ad hoc, temporanei, part-time, pseudo lavori non pagati di apprendistato ingannevolmente definito di formazione – tutti considerevolmente al di sotto delle abilità da loro acquisite”.
Questo accade anche perché in Europa mancano esempi di studenti attivisti al livello di Camila Vallejo, cioè in grado di far valere i diritti dei giovani fino al punto di battere mediaticamente e politicamente il Presidente della Repubblica del Cile.
D’altra parte i processi formativi dovrebbero essere meno teorici e più pratici, e dovrebbero riguardare tutta la vita lavorativa come avviene in campo sanitario con l’Educazione Continua in Medicina. Per fortuna alcuni funzionari europei hanno sviluppato il Lifelong Learning Programme. Però i dirigenti governativi europei e nazionali dovrebbero tenere più in considerazione il diritto al lavoro e alla dignità dei giovani che hanno investito molto tempo e denaro nell’istruzione universitaria e nelle specializzazioni personali. La crisi economica deriva anche dalle conoscenze troppo datate di classi dirigenti che vivono mentalmente in altre epoche.
Infine ricordo che in molti casi “la mancanza nell’essere umano non è un deficit da correggere, ma la condizione vitale per ogni realizzazione creativa” (Massimo Recalcati, 2011). E siccome di solito i vecchi processi burocratici e democratici sono incapaci di difendere i diritti delle minoranze, segnalo qui una casa editrice e libreria specializzata in testi sulla dislessia, e l’Associazione per il Coordinamento Nazionale degli Insegnanti Specializzati e la ricerca sulle situazioni di Handicap (Congresso nazionale a Vicenza il 30 e il 31 marzo).
Zygmunt Bauman è uno dei maggiori pensatori contemporanei. Da ragazzo “fu decorato per essersi precipitato come volontario a combattere contro i nazisti”. Da adulto, nel Sessantotto “fu cacciato dalla facoltà di sociologia ed esiliato dalla Polonia per aver sostenuto gli studenti contro una burocrazia asfittica e arrogante” (Riccardo Mazzeo, studioso e amico di Bauman).
Nota – Circa venti anni fa il 60 per cento degli americani cenava in famiglia assieme, mentre “oggi sono solo il 20 per cento le famiglie americane che si riuniscono a tavola per cena”. Senza dialogo, niente sapere e niente potere. Chissà come siamo messi in Italia e nei principali paesi dell’Europa…