Banco Desio, denunciati impiegati per riciclaggio

par RobertaLemma
giovedì 15 aprile 2010

Funzionari di banca trasferivano in Svizzera e Lussemburgo grosse somme evase da una clinica privata della capitale, da imprenditori edili, antiquari, agenzie di viaggio e da un sacerdote. È quanto hanno scoperto le Fiamme Gialle del comando provinciale di Roma che hanno denunciato 14 persone per riciclaggio ed evasione fiscale internazionale. Nel corso dell’operazione sono stati scoperti anche 3 milioni di euro riciclati. La Guardia di Finanza riferisce come, dirigenti e dipendenti di un gruppo bancario italiano si muovevano personalmente per raccogliere i contanti in tutta Italia, soprattutto a Roma, Milano, Firenze e Modena, per poi portarli in una filiale a Lugano e depositare infine il denaro, in conti cifrati. Parliamo di denaro mai denunciato al fisco italiano: imprenditori della sanità privata e del settore edile, benestanti antiquari, agenzie di viaggio ed anche un sacerdote. Stando a quanto emerge dall’indagine, il sacerdote progettava di creare nelle isole Cayman una società off-shore sui cui far transitare gli importi dei libretti al portatore del prelato. Un lavoro sporco certo, ma che fruttava parecchi soldi; le commissioni per portare a termine le rischiose operazioni di «ripulitura» erano elevate, anche nei casi «standard». Intorno all’1% delle somme trasferite, ma si arrivava anche al 2% nei periodi di Pasqua e Natale.
 

Chi voleva trasferire le somme le consegnava personalmente al funzionario di banca che, a sua volta, le metteva a disposizione di altri clienti, al contrario, bisognosi di «liquidi» da spendere in Italia, in questo modo alla frontiera si evitava di giungervi con il bottino. In un secondo momento le operazioni venivano registrate presso la banca estera. In cambio, i correntisti, pagavano la percentuale sulle somme da trasferire. Gli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma scoprono un altro modo per trasportare il denaro. Bastava un ricorso a società fantasma nei «paradisi fiscali», costituite tramite fiduciarie in Svizzera e in Lussemburgo, che venivano utilizzate sia per l’emissione di fatture false, finte consulenze, allo scopo di trasferire all’estero denaro solo formalmente giustificato dalle fatture, sia per realizzare, a favore dei clienti più ricchi, tra cui anche i titolari di una nota clinica privata di Roma, un sistema complesso di «cartolarizzazione» dei crediti.

Praticamente, l’imprenditore italiano che voleva portare «fondi neri» all’estero, cedeva ad una società di cartolarizzazione un ingente portafoglio di crediti nei confronti di clienti sicuramente solvibili, come, ad esempio, lo sono gli enti pubblici. I crediti svalutati, così l’azienda italiana venditrice, registrava in contabilità la perdita che seguiva alla cessione, riducendo i ricavi e quindi l’utile dell’esercizio su cui pagare le tasse. Il tutto poi finiva in una fiduciaria svizzera o lussemburghese ad un prezzo leggermente più alto e ne otteneva un guadagno minimo. Non restava far altro che cartolarizzare il credito emettendo obbligazioni che venivano tutte acquistate da una società fasulla, di solito intestata a professionisti esteri, ma riconducibile di fatto alla prima azienda italiana venditrice del portafoglio. Prima della scadenza delle obbligazioni, la società fasulla apriva un conto corrente presso la filiale svizzera del gruppo bancario. Su questo conto la fiduciaria, dopo aver ricomprato i titoli emessi e trattenuta una piccola percentuale per il servizio reso, versava la parte restante sul conto aperto a favore dell’impresa fasulla. Il passaggio definitivo: la società fasulla era posta in liquidazione e i fondi venivano trasferiti in contanti su un nuovo conto corrente rigorosamente cifrato. Ma proprio nella necessità di effettuare i cambi, sempre, in totale anonimato, e la messa a disposizione del denaro nelle cassette di sicurezza che la Guardia di Finanza scopre l’infima macchinazione.

Proprio in una di queste cassette le Fiamme Gialle hanno trovato, pronti per essere spediti, 155 mila euro che, naturalmente sono stati sequestrati dai finanzieri. Ma, a quale banca appartengono questi servizievoli banchieri? Dirigenti e dipendenti del Banco Desio.

Coinvolti funzionari della sede centrale del Banco Desio, in provincia di Como, e dirigenti e dipendenti delle filiali di Roma e Lugano dell’istituto di credito. Ad affidare i fondi non dichiarati al fisco ai funzionari e dirigenti della banca perchè venissero trasferiti all’estero, imprenditori della sanità privata e del settore edile, antiquari, agenzie di viaggio e anche un sacerdote, che in cambio pagavano commissioni molto alte. E’ noto anche che il Presidente di Banco Desio ing. Agostino Gavazzi conosceva benissimo anche Gian Giacomo Corno protagonista del misteriosissimo viaggio in Equador per incontrare Tanzi su cui ancora oggi si sta indagando (il famoso Tesoro di Tanzi). Gavazzi aveva infatti nominato Corno nel 2001 come membro del Consiglio dei Revisori nella Fondazione della Comunità di Monza e Brianza. Guarda caso un altro membro di Credito Privato Commerciale, l’ avv. Fabio Gaggini di Lugano, era stato Presidente della Money Bonds Investments SA quando Luigi Colnago era Direttore . E Luigi Colnago era un altro “amico degli amici” che avrebbe voluto salvare la Parmalat di Tanzi attraverso il “Cavaliere Bianco” Luigi Manieri. Troppe coincidenze mai chiarite e oggi, la tremenda accusa di riciclaggio. Tutto questo, naturalmente, con il benestare di una classe politica che, modificando o decretando leggi illogiche e incostituzionali, protegge e assolve tali crimini e i loro committenti.


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