Banalità sulla nostra salute
par Rodolfo Buccico
martedì 5 aprile 2011
Il risparmio in sanità sembra essere un qualcosa che passa sulla pelle delle persone che lavorano all’interno degli ospedali e dei distretti sanitari, dove ogni giorno si forniscono prestazioni essenziali al cittadino. Il nostro sistema è tra i primi al mondo, stando al ranking dell’Organizzazione Mondiale della Salute, eppure si parla sovente di un mostro che divora soldi, una specie di sanguisuga che soprattutto nelle regioni meridionali sottrae risorse preziose.
Gli sprechi sono certamente presenti, ma quello che colpisce negli ultimi anni è l’atteggiamento delle manovre finanziarie di governo e più in generale delle politiche sanitarie mirante allo smantellamento di pezzi importanti di una rete di servizi che, più o meno bene, risponde ai bisogni di salute di tanti, di tutti, che prima o poi nel corso della vita necessitano di assistenza a vario titolo.
Viene da pensare ai tanti giovani medici che, senza una stabilizzazione, danno il loro apporto in modo significativo sotto l’aspetto qualitativo e quantitativo, sono essenziali in un sistema che ha tra i dipendenti età medie superiori ai 50 anni. Verrebbe da chiedersi come farebbero gli ospedali a fare a meno di questo esercito in camice bianco che combatte contro le malattie e contro un sistema avverso, sistema che riconosce nei fatti il peso del loro contributo, ma che li lascia nell’incertezza sotto la scure di periodiche scadenze di contratto. Forse bisognerebbe rivolgere lo sguardo alle distorsioni alimentate da logiche clientelari nella scelta delle aziende private che erogano servizi in outsourcing, spesso in regimi di quasi monopolio, in settori quali le pulizie, il servizio di lavanolo, lo smaltimento dei rifiuti sanitari, la vigilanza, l’informatizzazione, le ristrutturazioni edilizie, etc. La gestione allegra degli appalti con capitolati spesso contrari alle good practices ed in alcuni casi francamente mirati a favorire le ditte con un aumento ingiustificato delle spese conducono a deficit impressionanti che non sono minimamente legati agli operatori sanitari, che nella stragrande maggioranza dei casi, appartengono alla categoria delle persone per bene a cui deve andare il ringraziamento della società e non le vessazioni che li pongono sempre sul banco degli imputati.
Non da ultimo ricordiamoci che gli ospedali sono per i malati, che certo non possono sparire, a meno che non vogliamo far sì che fra un decennio la sanità sia appannaggio esclusivo di potentati economici che seguono logiche mercatistiche e non certo quelle universalistiche del nostro servizio sanitario nazionale.