Aumentano i disoccupati e anche gli occupati: ma l’Istat e Renzi sono matti?

par Paolo Borrello
martedì 2 dicembre 2014

Secondo i dati recentemente forniti dall’Istat, in Italia negli ultimi mesi sarebbero aumentati sia i disoccupati che gli occupati. Ma sono matti coloro che nell’Istat si occupano di statistiche sul mercato del lavoro ed anche coloro come Matteo Renzi, il quale ha rilevato che negli ultimi mesi gli occupati sono aumentati di circa 100.000 unità? No, non sono matti.

 

E perché non sono matti? Sarebbe sufficiente per poter rispondere a questa domanda aver superato l’esame di economia politica al primo anno di un corso di laurea in economia.

Ma, si sa, non molti frequentano corsi in economia all’università e quello che è più grave nelle scuole medie superiori si insegna pochissimo l’economia, purtroppo, mentre avere conoscenze, anche limitate, in questa materia sarebbe necessario non solo per interpretare correttamente ciò che avviene nella società italiana ma anche per avere dei supporti concreti ed utili nella vita quotidiana di ognuno di noi.

E allora? Provo a rispondere io. Possono aumentare contemporaneamente, in un determinato periodo, sia gli occupati che i disoccupati, per il cosiddetto fenomeno dei lavoratori scoraggiati.

Ma chi sono i lavoratori scoraggiati?

Sono quanti non cercano lavoro, e quindi non vengono considerati disoccupati, non perché non hanno necessità di svolgere un’attività lavorativa ma perché sanno che se cercano un lavoro hanno pochissime possibilità di trovarlo e quindi, come affermano gli economisti, escono dal mercato del lavoro, non fanno più parte delle forze di lavoro.

Ma sono pronti a cercare un lavoro soprattutto se migliorano le prospettive di trovare un lavoro e diventano disoccupati a tutti gli effetti, perché appunto cercano un lavoro anche se momentaneamente non riescono a trovarlo.

Un altro motivo può essere il peggioramento delle condizioni economiche della propria famiglia, ad esempio dovuto al licenziamento di un suo componente, la madre, il padre, che spinge comunque il lavoratore inizialmente scoraggiato a provare a trovare un lavoro.

Considerando anche che, per essere ancora più precisi, i disoccupati sono coloro che non hanno un lavoro però lo cercano attivamente e che il tasso di disoccupazione è dato dal rapporto percentuale tra il numero di disoccupati e le forze di lavoro, costituite dalla somma degli occupati e dei disoccupati, si può verificare un aumento dei disoccupati, perché un certo numero di lavoratori scoraggiati decidono di cercare un lavoro ma non lo trovano, almeno in un primo momento, e un aumento degli occupati, dovuto ad esempio ad una crescita delle richieste di lavoro, anche non molto appetibili, come quelle inerenti le attività lavorative part time.

E quindi non deve stupire che negli ultimi mesi ci sia stato un incremento degli occupati, peraltro non molto consistente, ed un aumento dei disoccupati, dovuto appunto dalla riduzione del numero dei lavoratori scoraggiati.

Ed è bene che quanti commentano le statistiche sul mercato del lavoro tengano conto di tali considerazioni. Altrimenti, potrebbero concludere che chi fornisce tali dati se non è matto comunque non fornisce informazioni corrette e chi li utilizza politicamente vuole fare solo propaganda o addirittura dire falsità.

In conclusione, io non voglio sostenere, con quanto ho scritto, che il tasso di disoccupazione rilevato dalle recenti statistiche Istat, per l’Italia, non sia elevato, tutt’altro. Ha raggiunto il 13,2%, il valore più alto da quando l’Istat fornisce statistiche con lo stesso metodo utilizzato adesso - cioè da oltre 30 anni - né che l’aumento degli occupati registratosi negli ultimi mesi sia particolarmente consistente.

Intendo solamente sottolineare che prima di commentare scorrettamente i dati sul mercato del lavoro o criticare la loro attendibilità o quanti li valutano in un modo ritenuto sbagliato, occorre stare attenti e conoscere bene quello di cui si parla. Diversamente, è meglio stare zitti.

Pertanto, come scrisse Lenin nel 1921, studiare, studiare, studiare… 


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