Attentato a Belpietro: ci sono già 2 versioni contrastanti e qualche incongruenza

par WilNonleggerlo
venerdì 1 ottobre 2010

 

Cominciamo con il dire una cosa: violenza, mai. E massima solidarietà a Maurizio Belpietro. Un certo tipo di giornalismo va sbugiardato con l'arma della cronaca, del ragionamento, della creatività, dell'ironia. Stop. Altrimenti a pagarne è non solo la vittima con i propri affetti, ma l'intero Paese, compresa quella critica dura e costante che però mai si sognerebbe di ricorrere alle maniere forti.

 

Ma ora passiamo ai fatti. Sono passate poche ore dal presunto attentato a Maurizio Belpietro. E già circolano due versioni sensibilmente differenti

 

LA PRIMA. Quella di Libero, quella di Maurizio Belpietro, raccontanta anche a Mattino 5 e su Rai 3 pochi minuti fa. Sono quasi le 11 di sera. Il Direttore di Libero viene accompagnato fin sulla porta di casa dal solito agente di scorta. Poi entra. A Repubblica afferma: "Ero già entrato in casa ma non avevo ancora chiuso la porta. Appena ho sentito uno sparo, seguito da altri due, ho capito che stava accadendo qualcosa di grave. Mi sono girato d'istinto e ho visto il poliziotto prima ripararsi dietro a un angolo, e poi partire all'inseguimento di quel malvivente lungo le scale". A Mattino 5 (video sopra), descrive la dinamica in maniera completamente diversa: "Il tempo di entrare in casa e chiudermi la porta dietro le spalle (fa anche il gesto con la mano) quando ho sentito 3 colpi di pistola e ho capito che era successo qualche cosa". Anche La Stampa opta per "la porta chiusa dietro le spalle". Prima incongruenza. Ritorniamo alla cronaca. Ecco lo scontro a fuoco. L'agente stavolta ha preferito scendere per le scale - a dispetto delle abitudini - e dopo alcuni gradini si è imbattuto nell'attentatore, travestito da finanziere, che senza dire una parola ha tentato di farlo fuori. Ha mirato alla testa, tre colpi esplosi da una Beretta, "per uccidere", scrivono i giornalisti di Libero. Per fortuna la pistola si è inceppata. L'agente ha risposto al fuoco - stavolta tre colpi veri - senza riuscire a colpirlo: "non ci sono tracce (di sangue) nel giroscala". L'attentatore è poi scappato all'impazzata, probabilmente servendosi di un'uscita secondaria, riuscendo così a dileguarsi nonostante fuori da palazzo-Belpietro ci fossero gli altri agenti di scorta. Belpietro èamareggiato, parla di clima d'odio, "basta leggere certi siti internet con minacce di morte a me e alla mia scorta". Insomma, sta pagando "per le sue idee", non è un caso che gli unici giornalisti ad avere una scorta siano quelli di "area moderata" come lui, "Fede e Feltri". "Non capisco perché io debba essere condannato a morte", conclude Belpietro.

 

LA SECONDA. La ricostruzione di Repubblica - che credo si basi sul racconto degli agenti - è molto più soft (ovviamente l'accaduto rimane grave, ci mancherebbe). In realtà non c'è stato nessuno scontro a fuoco. L'arma del presunto attentatore potrebbe essere in realtà una pistola giocattolo, e non una Beretta. Inoltre l'agente di scorta ha sì sparato, ma non contro il malintenzionato. Tre colpi in aria. Due subito, uno un po' dopo. Una reazione particolarmente docile, nei confronti di un uomo che ti avrebbe volentieri fatto la pelle. Il fuggitivo poi non era "travestito da finanziere", ma aveva una camicia che "potrebbe ricordare quella di una divisa da finanziere". Sotto, "i pantaloni di una tuta". Potrebbe trattarsi di un semplice rapinatore, scrivono, e non è certo che fosse mosso da ragioni politiche.


Questi sono i fatti, fatti di una vicenda ancora tutta da chiarire. L'unica certezza è che una certa parte politica - CicchittoFerraraMaroniCapezzone e tanti altri - ha già cominciato a sfregarsi le mani, e sappiamo fino a che punto siano pronti a spingersi. Stay-non.


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