Attentati ad Ankara ed in Costa d’Avorio, come leggerli

par Aldo Giannuli
martedì 15 marzo 2016

A poche ore di distanza, un’auto imbottita di esplosivo si schianta contro un tram ad Ankara, facendo decide di morti ed un commando armato di kalashnikov sbarca all’improvviso su una spiaggia ivoriana e massacra i turisti che trova. La singolare coincidenza di tempi farebbe pensare ad attentati coordinati fra loro, ma così non è (o, per lo meno, non ci sono elementi di sorta che lo facciano pensare), si tratta di un caso, che però lascia pensare: significa che la densità degli attentati, ormai è tale che può verificarsi anche una coincidenza del genere.

Segno che la Jihad ormai dilaga: è il frutto velenoso di 25 anni di guerre sbagliate che, scaturite da un disegno di dominio mondiale, lasciano il Mondo molto più lacerato ed insicuro di quanto non fosse prima.

Ma, al di là di questa considerazione generale, dobbiamo cercare di capire il significato politico di questi avvenimenti. Più semplice è il caso ivoriano, rivendicato da Morabitun e da Al Quaeda del Maghreb islamico, che sono un po’ la stessa cosa, perché Morabitun è nell’orbita di Al Quaeda. Dunque, l’azione risponde ad disegno di rilancio del gruppo di Al Zwuairi messo in ombra dai successi del rivale Califfato. Resta semmai da capire sino a che punto le due organizzazioni sono in conflitto fra loro e sino a che punto c’è una, sia pur momentanea, intesa. Di fatto, entrambi confluiscono nel comune disegno di generalizzazione della Jihad che sta avendo successo, al di là delle sorti di ogni singola organizzazione che la anima.

Meno semplice è decrittare il caso turco: la versione ufficiale parla di un attentato dei curdi del Pkk, partito di cui avrebbe fatto parte una ragazza, che ha partecipato all’attentato, restando uccisa. Per carità: persino il potere, talvolta, può non mentire e le versioni ufficiali possono rispondere al vero e, peraltro, il Pkk ha fatto numerosi attentati in Turchia ed oggi avrebbe anche più ragioni per farlo, data l’aggressione turca al popolo curdo. E, infatti, Erdogan non ha perso tempo e, non ha atteso neppure l’esito delle indagini, per un nuovo raid contro i curdi. Dunque, questo è solo un capitolo della guerra curdo-turca. Ma non è detto che le cose stiano proprio così.

In primo luogo, ricordiamo che in tempi recenti, ci sono stati attentati che sarebbero stati compiuti dall’Isis, per cui potrebbe trattarsi di una nuova azione di questa marca. Ma la polizia turca lo escluderebbe per l’identificazione dell’attentatrice che sarebbe del Pkk. Però è sempre possibile un errore (più o meno voluto), Devo dire, tuttavia che la posta Isis, in questo caso non convince molto neppure me, tuttavia, non si può escluderla a priori. Dunque resterebbe la pista Pkk? Ci sono aspetti della versione ufficiale che non convincono. In primo luogo la velocità con cui la polizia turca ha imboccato questa pista: praticamente neppure 1 ora dopo la deflagrazione. Tutto di basa sull’identificazione della ragazza morta a bordo dell’auto dell’attentato: ma in che stato era il viso dopo l’esplosione? Doveva essere ben conservato per una identificazione così rapida e sicura, Strano, dato che, dopo lo scoppio, l’auto è stata avvolta dalle fiamme. Magari qualche istante registrato dalle fotocamere? Non sappiamo, ci limitiamo a registrare un punto non spiegato. Peraltro, doveva trattarsi di una attivista abbastanza nota, data la velocità dell’identificazione ma, ovviamente, questo non esclude che comunque possa esserci stato un errore nell’attribuzione della persona al Pkk, cosa improbabile ma piur sempre possibile.

Va detto che non c’è stata rivendicazione alcuna, anche se questo non vuol dire nulla e che questa potrebbe giungere abbastanza presto.

Più che altro, quello che lascia perplessi è l’uso abbinato di attentatori suicidi e di autobomba. Sin qui ci sono stati attentati in cui dei kamikaze sono andati a schiantarsi con un’auto imbottita di tritolo, ma questo è accaduto quando si trattava di obiettivi come posti di guardia, comandi militari, palazzi di governo ecc. protetti da sacchi di sabbia e guardia armata, per cui era impossibile parcheggiare l’auto nelle vicinanze. Ma qui abbiamo un obiettivo “aperto” ed intercambiabile come una fermata di tram: perché spendere due militanti, mentre si poteva benissimo parcheggiare l’auto lì vicino? E, poi, perché due? Se la memoria non ci inganna, non ci sono precedenti di autobombe guidate con più persone a bordo: basta il pilota. Anche i terroristi (per usare questo termine discutibile) sanno far di conto e non buttano via un militante disposto a farsi saltare in aria, quando potrebbero usarlo per un altro attentato.

E qui sorge un altro sospetto: che possa essersi trattato di qualcosa di diverso da quel che sembra. Erdogan ha bisogno di proseguire la sua guerra ai curdi perché teme che possa sorgere un Kurdistan indipendente che porti allo sembramento della Turchia, ma questo finisce per diventare un aiuto indiretto all’Isis, cosa difficile da far digerire agli alleati della Nato, mentre si infittiscono le voci di quelli che si chiedono che senso abbia la sua presenza nel blocco militare euro-americano. Insomma, ci vuole un alibi per poter bombardare a man salva i curdi. Cosa di meglio di un attentato per mano curda?

Insomma, una cosa assai familiare per chi sa cosa significa “strategia della tensione”.

Sulle modalità dell’attentato nel quale coinvolgere una militante del Pkk poi potremmo sbizzarrirci elencando almeno sei trame diverse, ma per ora vediamo cosa viene fuori.


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