Arriva in piazza il popolo dei farabutti

par Pietro Orsatti
sabato 3 ottobre 2009

Informazione Il mondo della comunicazione e la società civile si mobilitano per chiedere il rispetto dell’articolo 21 della Costituzione e contro la colonizzazione del sistema radiotelevisivo pubblico da parte della maggioranza
di Pietro Orsatti

I “farabutti” che mettono in scena “una farsa” sono arrivati finalmente in piazza. Proprio nel momento più buio dell’informazione italiana. «Liberi di cosa, in questo Paese? Di maledire i telegiornali di regime e di menzogne? Di masticare amaro per la quotidiana collezione di interviste deferenti e di cronache ubbidienti? Liberi di non comprare più i giornali che non piacciono, di tener spenta la televisione, di parlar d’altro? Non è libertà, questa: è rassegnazione, abitudine al peggio, affezione per le nostre miserie. Contro questa rassegnazione, contro il vizio di voltarsi dall’altra parte saremo in Piazza del Popolo domani».

Così si lascia andare Claudio Fava, di Sinistra e Libertà. Lui, figlio di Beppe, direttore de I Siciliani, ucciso dalla mafia, questo giudizio se lo può permettere. Ancora oggi, a decenni dalla chiusura di quella gloriosa testata, sta combattendo una battaglia per poter pagare il debito lasciato da quel giornale, di pochi milioni di lire, e richiesto da un giudice che sembra non avere più memoria di cosa suo padre e quel manipolo di giovani giornalisti hanno rappresentato per la libertà di stampa in terra di mafia. «Oggi – aggiunge ancora Fava – sappiamo quali fatti è lecito raccontare e quali fatti dovremmo tacere per non finire in galera. Accadeva così in tempi di partito unico». Una manifestazione, quella convocata dalla Fnsi, che si svolge proprio in uno dei momenti di più forte attacco da parte del Pdl sul sistema radiotelevisivo da una parte, e di crisi dell’insieme della carta stampata.
Non si tratta solo delle 10 domande di Repubblica, neppure delle escort e delle feste misteriosamente svanite da gran parte dei telegiornali. L’attacco è diretto, e concentrico, verso una categoria, quella dell’informazione, già in forte calo di credibilità e di consenso da anni. Uno scatto d’orgoglio, quindi? Non solo. È anche e soprattutto il tentativo di resistere a un clima davvero pesante. Andiamo a vedere, per fare qualche esempio, alcune delle dichiarazioni di alcuni esponenti del Pdl alla vigilia della manifestazione.



Esordisce la vice ministra Brambilla , e chiaramente tutto il mondo dell’informazione per lei si riduce a Santoro: «Ma non è senza significato che, grazie a Michele Santoro ed ai media della sinistra oltranzista, il simbolo e la bandiera di questa manifestazione sia diventata Patrizia D’Addario. È il triste epilogo di una storia che in passato aveva avuto ben altre icone : Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer… D’Addario!». Sobria ed equilibrata, ma niente al confronto di un Giovanardi d’altri tempi che definisce l’iniziativa della Fnsi «livorosa » spiegando che secondo lui la “piazza” di oggi «non ha come obbiettivo la libertà di stampa e di informazione, ma è chiaramente contro la libertà di giudizio e di scelta politica dei cittadini italiani».

Di tutt’altro avviso l’eurodeputato Idv Luigi De Magistris che ricorda come sia la libertà di informazione che la magistratura siano sotto tiro. E l’arma usata dalla maggioranza è il ddl sulle intercettazione. «Nessuno se lo ricorda – spiega De Magistris – ma si è iniziato davvero a parlare di riforma totale dello strumento delle intercettazioni quando uscirono da Napoli quelle che riguardavano, guarda caso, Silvio Berlusconi e Agostino Saccà». La Rai, alla fine, è sempre lei al centro della battaglia. Ne parla, con sconforto, Roberto Morrione che ha trascorso gran parte della sua carriera all’interno del servizio pubblico. «Non mi ci riconosco più – spiega – la lottizzazione c’è sempre stata ma non si era mai arrivati a questo punto, a un’occupazione militarizzata di ogni posto e nodo di potere possibile. Perfino la nomina della Berlinguer al Tg3è alla fine simbolo di un definitivo accerchiamento. Davvero fort Alamo. Come l’arretramento anche commerciale della Rai sulla vicenda Sky, tutto per stare appesi al treno di Mediaset. Senza ottenere nulla, poi, regalando ancora di più spazi e guadagni alle televisioni del premier». Un patrimonio e una storia, spiega lo storico direttore di RaiNews24, che bisogna difendere a ogni costo.

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