Arresti ad orologeria e condizione del Meridione

par Giuseppe Caglioti
lunedì 22 novembre 2010

Neanche un bambino delle scuole elementari, abituato a fare temi sulla mafia, si sarà meravigliato di quello che ha detto Saviano lunedì scorso. Invece, gli esponenti della Lega cadono talmente tanto dalle nuvole che pensano di essere illibati, incorruttibili, non collusi con poteri occulti e mafiosi, defensores fidei, cavalieri della purezza della razza padana e chi ne ha più ne metta; insomma, la risposta a molti problemi del Nord - chiaramente secondo loro.

In realtà, non solo da quello che ha detto Saviano lunedì 15 novembre, ma anche dalle inchieste che al Settentrione imperversano, specialmente nell’ambito del movimento terra e nell’edilizia, risulta chiaro che l’Italia - anche nel malaffare dunque - è ben più unita di quanto pensano questi “poveretti” della Lega.

La cosa che mi ha sorpreso però, non è stata solo la reazione leghista, ma l’arresto “ad orologeria” di Antonio Iovine. Lo scrittore di “Gomorra”, nel già citato giorno, durante la trasmissione “Vieni via con me” da notizia di presunte collusioni tra esponenti della ‘Ndrangheta e politici leghisti. Il leghista Maroni, Ministro degli Interni, è il più indignato, come se quello che avesse detto Saviano non è “documentato … negli atti dei pm Ilda Bocassini e Giuseppe Pignatone”. Sicuramente - c’è da supporlo - la Lega ha pensato che, in un momento delicato come questo, in cui è necessario non perdere consenso, avere una trasmissione che diffonde, tra l’altro con grande evidenza, una verità, documentata anche agli atti, sia cosa molto negativa per l’elettorato, così dopo pochissime ore, come per incanto, un boss dei Casalesi, che viveva indisturbato da anni a Casal di Principe – città simbolo della “lotta” di Saviano – Antonio Iovine per l’appunto, viene catturato durante un’irruzione degli agenti della squadra mobile di Napoli e Caserta. Subito, il Ministro Maroni ha tuonato: “Ecco l'antimafia dei fatti”. Saviano commenta con soddisfazione: “Aspettavo questo giorno da quattordici anni”.

Sarebbe stato bello, se avesse risposto che in quattordici anni avevano scelto proprio il momento ad hoc per farlo. Visto che in tanto tempo la cattura è avvenuta proprio subito dopo dichiarazioni altamente compromettenti per il partito del Ministro degli Interni, proprio il responsabile diretto della lotta alle mafie.

Tra l’altro non è la prima volta. Infatti, già l’anno scorso, dopo le dichiarazioni “bomba” di Gaspare Spatuzza, proprio poche ore dopo ci furono i classici arresti eclatanti, con titoli di giornali che parlavano come se le mafie fossero state annientate o giù di lì.

Ho paura che la verità sia un’altra. A mio parere, sono solo arresti mirati di personaggi ormai divenuti marginali nel controllo delle cosche, che vengono “esposti” all’arresto proprio per attuare giochi di potere e ricambi interni alle cosche medesime. E già! Il ricambio delle organizzazioni malavitose è quello di cui nessuno parla. Al momento in cui arrestano uno, dieci, cento esponenti delle cosche c’è sempre qualcuno pronto a rimpiazzarli. Sarebbe cosa molto gradita sapere che, quando avvengono questi tanto conclamati arresti, cessino in zona il traffico di droga, il racket della prostituzione, le estorsioni e le richieste di pizzo a tutte le attività produttive.

Purtroppo, la mia idea è che ciò non si verifichi. Infatti, dubito anche che i capi delle cosche siano degli ignorantoni semianalfabeti che vivano in dei tombini, anzi, penso che proprio quelli che vengono catturati siano quelli che si sono resi colpevoli di troppi delitti ingombranti che mettono in pericolo l’incolumità delle organizzazioni, i cui vertici sono in alto e insospettabili, ergo, vengono esposti all’arresto proprio per togliersi dai piedi delle vere e proprie mine vaganti, troppo compromesse per i vertici delle cosche medesime.

La mia idea è che questi arresti siano solo dei palliativi. La lotta alle mafie parte dal togliere a queste il sostegno su cui esse poggiano: il relativo “consenso” popolare di cui godono. In realtà, esse hanno ricambio perché attingono reclute in ambienti in cui non c’è occupazione continuativa e in regola.

Quindi, altro che federalismo, che, nel Sud e non solo, offrirebbe il primato alle mafie, ma la promozione delle attività produttive, il lavoro, per l’appunto, dovrebbe essere la prima arma per combattere le mafie, lì da dove vengono. Un’ottima soluzione di partenza sarebbe la defiscalizzazione per le aziende che intendono investire in tutto il territorio meridionale, là dove siano presenti realtà criminali molto forti. Questa operazione di defiscalizzazione dovrebbe essere però competitiva con fiscalità di paesi come Irlanda, Serbia, Slovenia, Albania, ecc. fino a far pensare sul serio alle aziende straniere e del nord Italia di investirvi seriamente.

In più, affinché ciò avvenga, bisogna affermare completamente lo Stato di diritto, garantendo a tutti reale giustizia capillare. Perciò serve investire sulle Forze dell’Ordine, dislocandole oculatamente là dove urge, motivandole e dando loro ogni forma di supporto. La Magistratura sia affiancata e coadiuvata dall’azione politica. Però, non vi nascondo il mio più intimo pensiero a riguardo: penso che la risoluzione del “problema mafie” debba necessariamente passare per un temporaneo “semi-Stato di polizia” con poteri straordinari per arrivare lì dove fin’ora non si è mai potuti arrivare. Urge anche riformulare il sistema carcerario medesimo con carcere e lavoro duro per i mafiosi, un lavoro carcerario inteso come redenzione per chi ha commesso crimini non efferati, oltre che rimborso per la società tout court e per le vittime medesime, ovviamente. Confiscare i beni dei mafiosi e i loro patrimoni e subito devolverli a rimborso delle vittime e/o delle aziende che questi criminali hanno distrutto o danneggiato, taglieggiandole.

Come vedete, le soluzioni ci potrebbero essere, ma ci sarebbe un alto prezzo da pagare. Potrà mai farlo questa classe politica? Dagli arresti a clessidra deduco chiaramente di no!

Tuttavia, l’idea fondante del lavoro come soluzione del problema non è male, anzi, avvalora e canonizza in modo assoluto ancora una volta la nostra Costituzione, della quale il primo articolo, non ha caso, afferma che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.”

Lì dove non c’è lavoro, non c’è né democrazia né legalità, anzi, … c’è mafia!


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