Aprire un conto in banca? Posso volerci anche vent’anni!

par paolo federici
giovedì 21 luglio 2011

...Anzi, a volte non bastano! Venti anni dopo (la legge alle quale bisogna riferirsi è la numero 202 del 12 luglio 1991) stiamo ancora aspettando che venga aperto un conto in banca a nome della Tesoreria dello Stato per permettere il pagamento dei diritti doganali a mezzo bonifico.

Stiamo parlando di "aprire un conto un banca", non di costruire il ponte di Messina e nemmeno di sistemare la Salerno-Reggio Calabria. E' vero, l'autorizzazione ad aprire un conto un banca è arrivata "solo" con un'altra legge, la n. 244 del 24 dicembre 2007 (già qui ci sarebbe da ridire: possibile che siano necessari più di 16 anni per autorizzare qualcosa già fissato per legge!?).

Ma non basta la legge: ci vuole un decreto attuativo (qualcosa che spieghi ai signori della Dogana come devono fare per andare in banca ad aprire un conto) e questo è arrivato il 5 febbraio 2010. Mancano solo le istruzioni operative che avrebbero dovuto esserci entro la fine di marzo 2011, poi entro la fine di giugno 2011 e adesso (pare!) ci saranno entro la fine di dicembre 2011.

Intanto l'informatizzazione delle Dogane ha fatto sì che le registrazioni delle avvenute esportazioni si facciano per via telematica. Quando si emette una bolla doganale, il finanziere che "assiste" all'uscita dallo Stato riporta, in un database, il numero di riferimento che identifica l'uscita (il cosiddetto MRN). La normativa prevede che tale "visto uscire" debba essere apposto entro le 48 ore dall'effettiva uscita delle merci dal confine. Il numero di MRN con il relativo appuramento viene poi reso disponibile su internet.

Così gli esportatori possono controllare la regolarità dell'operazione. Ma cosa succede se il finanziere non fa il suo dovere? Abbiamo scoperto che solo a Milano diverse migliaia di operazioni doganali risultano "inappurate". La Guardia di Finanza si è "dimenticata" di registrare l'uscita. Così adesso gli esportatori si trovano a dover loro provare l'avvenuta esportazione della merce. Producendo tutta una serie di documenti alternativi (copie dei pagamenti, dei documenti di trasporto, dell'avvenuta importazione nel paese di destinazione ... etc). Naturalmente questo è un lavoro, che comporta una notevole perdita di tempo (ed una incredibile produzione di carta). Ma anche se la colpa della mancata registrazione è della Guardia di Finanza, l'onere della prova grava sulle spalle dell'incolpevole esportatore che può essere chiamato a pagare somme talvolta esagerate in quanto, fino a prova contraria, viene considerato alla stregua di un contrabbandiere. E chi controlla gli esportatori? La Guardia di Finanza, ovviamente. Quindi viviamo l'assurda situazione per cui la Guardia di Finanza punisce l'incolpevole esportatore in conseguenza di omissioni compiute ... dalla Guardia di Finanza.

Ma alla dogana insistono: "in Italia siamo i più efficienti".

Tanto è vero che "prima" (quando arrivava merce in import scortata dal T-1), si allibrava l'introduzione della merce a magazzino e si poteva scaricare il camion.

Adesso, siccome la merce arriva scortata da T-1 "telematici", ma manca il collegamento finale tra magazzini e dogana (il famoso ultimo miglio), il T-1 va trasmesso (a mezzo fax) alla dogana che si prende due ore prima di dare l'OK allo scarico.

Così grazie all'informatizzazione, oggi soffriamo di ritardi (e soste camionistiche che hanno un costo!) che prima non avevamo.

Questo perché si sono fatte le cose a metà: lasciando fuori un pezzo ed impedendo il collegamento telematico anche nell'ultimo tratto di strada.

Devo continuare?


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