Appello Dell’Utri - Settima puntata

par Federico Pignalberi
martedì 17 febbraio 2009

Cosa hanno in comune un Presidente del Consiglio legato al crimine e un mafioso legato alla Democrazia Cristiana?

Da molte puntate, pressappoco dall’inizio della rubrica, ci siamo occupati quasi solamente di una singola vicenda, molto marginale, che è stata, e sarà ancora a lungo, al centro della discussione nel corso delle udienze del processo d’appello che si sta celebrando in questi mesi a Palermo, che vede Marcello Dell’Utri imputato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Ora lasciamo da parte le udienze (ne riparleremo la prossima puntata) e iniziamo a parlare di cosa si è scoperto di nuovo, nel processo d’appello, riguardo ai rapporti fra Marcello Dell’Utri e Vito Ciancimino.

Già nel processo di primo grado i rapporti fra i due erano passati al vaglio dei giudici. Vito Ciancimino, corleonese di origini e di fatto, già leader della corrente andreottiana della Democrazia Cristiana in Sicilia, quindi politico <<nelle mani dei corleonesi di Totò Riina>> e mediatore delle trattative fra Stato e mafia durante il periodo delle stragi, entrò in contatto con il senatore forzista per la prima volta nel periodo che va dal 1977 al 1979. In quegli anni Dell’Utri lavorava alla Inim S.p.A., impresa dai <<capitali mafiosi>> facente capo a Filippo Alberto Rapisarda, legato a Ciancimino tramite Francesco Paolo Alamia, a sua volta legato a Mangano, che chiude il cerchio. I pentiti hanno chiarito che fu direttamente Stefano Bontate a riferire ad Angelo Siino, massone imparentato con la famiglia del boss Balduccio di Maggio, che nell’Inim c’erano <<gli interessi di Ciancimino>>. Dell’Utri , stando alle dichiarazioni di Ezio Cartotto, si era iscritto, fin dall’inizio degli anni ’70, alla corrente cianciminiana della Democrazia Cristiana. Secondo altri pentiti, il senatore <<curava i problemi finanziari>> di <<don Vito>>.
 
Nel corso delle nuove indagini che hanno portato alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello, i giudici hanno scovato una telefonata fra Massimo e Luciana Ciancimino, figli di Vito. Risale al 6 marzo del 2004. Venti giorni dopo si sarebbe tenuta a Palermo la manifestazione celebrativa dei primi dieci anni di Forza Italia. Luciana racconta al fratello che l’aveva chiamata un tale Gianfranco, legato al partito, e l’aveva invitata a partecipare all’evento. Soprattutto per un motivo: farle conoscere Silvio Berlusconi che, come vedremo, aveva un credito aperto nei confronti di Don Vito, ormai scomparso.
 
LUCIANA       Minchia, mi telefonò Gianfranco … ah, ti conto questa … all’una meno venti mi arriva un messaggio …
MASSIMO       L’altra volta l’ho incontrato in aereo
LUCIANA       Eh… il 27 marzo, a Palermo … per i dieci anni di vittoria di Forza Italia, viene Silvio Berlusconi. È stata scelta Palermo perché è la sede più sicura … eh … previsione …. In previsione saremo 15 mila …
MASSIMO       Ah
LUCIANA       …eh allora io dissi minchia sbaglia, e ci scrivo stu messaggio: “rincoglionito, a chi lo dovevi mandare questo messaggio, sucunnu mia sbagliasti” … in dialetto, eh …eh (ride) e mi risponde: “suca” … eh (ride) … mezz’ora fa mi chiama e mi fa: “Minchia ma sei una merda” e allora ci dissi “perché sono una merda”. Dice, hai potuto pensare che io ho sbagliato a mandare … io l’ho mandato a te siccome so che tu lo vuoi conoscere [Berlusconi, nda] … io ti sto dicendo che il 27 marzo …
MASSIMO       E digli che c’abbiamo un assegno suo, se lo vuole indietro ..
LUCIANA        (ride) Chi, il Berlusconi?
MASSIMO       Si, ce l’abbiamo ancora nella vecchia carpetta di papà…
LUCIANA        Ma che cazzo dici
MASSIMO       Certo
LUCIANA        Del Berlusca?
MASSIMO       Si, di 35 milioni, se lo si può glielo diamo

La domanda viene da sé: perché mai Berlusconi avrebbe dovuto pagare 35 milioni a Ciancimino? E soprattutto: ma proprio non lo possono incassare quell’assegno, già che li hanno ereditato? Sarà che Luciana è una fan irriducibile del Cavaliere. Al contrario di suo fratello Massimo, che nel 2005, riguardo a quell’assegno, ha raccontato ai giudici
 
me lo raccontò mio padre a suo tempo … ma poi era una polemica tra me e mia sorella, perché io l’indomani invece sono andato alla manifestazione di Fassino.

Speriamo che i Ciancimino superino i loro dissapori in famiglia. Ma non è che, nel frattempo, qualcuno potrebbe chiedere chiarimenti al Grande Capo? 

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