Appalti e corruzione in Italia. Binomio inscindibile?

par bastiano
giovedì 18 febbraio 2010

"Cari signori il vostro datore di lavoro è una persona perbene, non paga pizzo né mazzette, non assume in nero e non subappalta a chi è in odore di mafia. Però non abbiamo più lavori"

e Ho una discreta esperienza nel mondo degli appalti pubblici, dopo 25 anni di attività posso dire che trovarne uno regolare è come vincere la lotteria.

Il problema è che in Italia, se c’è un minimo di possibilità di imbrogliare, o di trovare una scorciatoia per sistemarsi, nessuno si tira indietro.

" ...e che sono l’unico fessacchiotto che si fa tanti scrupoli? se non ne approfitto io lo farà qualcun altro, lo stato resterà sempre fregato, e allora tanto vale". Questo ci hanno insegnato, dall’alto. 

Perché mai quelli che si sbattono per tenere in vita l’azienda si dovrebbero dare pena di rispettare la legge (ma quale? il codice penale, il civile, le regole degli appalti, le norme edilizie, l’antitrust, la sicurezza..).

Chi denuncia è emarginato ed è costretto a chiudere.
Cosa racconta l’imprenditore onesto ai suoi dipendenti se la ditta non ottiene più commesse? 

“Cari signori eravamo d’accordo di rispettare il nostro codice etico e di operare con correttezza e onestà, rifiutando di pagare per ottenere lavori e concessioni. Non ha funzionato. Siete liberi di andare a lavorare con chi è più scaltro e spregiudicato di me”.

Conviene quindi adattarsi (per il bene dell’impresa) e cercare di darsi da fare.
A cominciare dal giovane che cerca lavoro. Perché dovrebbe rifiutare l’opportunità di una solida raccomandazione? Prima o poi il suo benefattore gli chiederà di restituirgli il favore.

Siamo seri.
Alla classe politica (tutta, perché in questo destra o sinistra pari sono) del problema della corruzione nella pubblica amministrazione interessa poco o nulla. Si sono ben sistemati (per la vita loro e dei figli) ed è un problema troppo complicato, poi bisogna essere tutti d’accordo, chi glielo fa fare?

Dietro alle decisioni sulle grandi opere c’è, soprattutto, la spartizione dei lavori. Il consenso (quello vero, non la propaganda) si ottiene con un accurato, e soprattutto bipartisan, bilanciamento degli affidamenti. 

O si è dentro a questi meccanismi (che dipendono direttamente dai leader politici) o si è tagliati fuori. Una real politik che ha dissolto ogni residuo della “diversità” della sinistra.


Nell’economia spicciola, negli enti locali, nelle società pubbliche di servizi, le nomine politiche equivalgono a potere sugli affidamenti e sulle concessioni
A che servono ormai gli assessori o i consiglieri di amministrazione? Per far funzionare meglio la macchina burocratica? Balle. A quello dovrebbero bastare i funzionari pubblici o i tecnici incaricati.

Servono per “imporre le priorità” per portare a buon fine il programma; quelli seri e onesti (pochi, ma ce ne sono). Ma per la maggioranza quegli incarichi servono a far ottenere appalti e concessioni agli appartenenti al clan. 

Hanno trovato il modo per pilotare perfino le gare con l’aggiudicazione all’offerta che si avvicina di più alla media delle offerte valide (escluse quelle più alta e più bassa: il "taglio delle ali").
 
Il livello di omertà che vige tra le imprese che operano nei lavori e nelle forniture pubbliche è identico a quello mafioso e l’imprenditore che vuole restare nel mercato deve attrezzarsi e fare “pubbliche relazioni” partecipare a incontri, feste, sedersi al tavolo delle spartizioni: oggi lavoro io, domani lavori tu, dopodomani all’altro “amico”.

Un capitolo a parte meriterebbe la discussione sulla normativa delle procedure pubbliche di appalto, che sembra fatta apposta per escludere chi vorrebbe occuparsi solo di lavori ben fatti e forniture di qualità, per ammettere chi ha le carte a posto ma esegue lavori malfatti.

La “Merloni” ha figliato una serie di revisioni (siamo alla “quater” chiamata codice degli appalti) che non hanno ridotto di un punto la percentuale delle gare truccate e l’intollerabile tasso di corruzione.

Gli ennesimi, inutili, appelli sulla necessità di una “riforma” delle regole per combattere la corruzione assumono i connotati di una pericolosa provocazione nei confronti delle persone per bene che sudano quotidianamente per sopravvivere e si vedono in Tv e giornali l’affronto delle facce di certi personaggi che ostentano opulente condotte di vita, alla faccia di una crisi che sta distruggendo la serenità, e non solo quella, di una moltitudine di cittadini. 

Non si vede, a breve termine, la possibilità e la volontà, di una vera rinascita morale. Son passati 18 anni da quel 17 febbraio. Il mariuolo Mario Chiesa è tornato in carcere: non ha saputo resistere. 

Cari politici, è inutile che chiediate agli altri di essere “onesti”. I primi a dare il buon esempio dovete essere voi, rifiutando di partecipare alle sedute dove sono presenti parlamentari condannati per corruzione, allontanando dai partiti personaggi chiacchierati, (che ci fa ancora l’on Cuffaro alla Vigilanza RAI?) difendendo le intercettazioni proponendo riforme che riducono le cariche parassitarie, imponendo gare e concorsi che premino i migliori.

Tra i primissimi atti del governo Berlusconi c’è la soppressione dell’Alto Commissariato contro la corruzione nella Pubblica Amministrazione. La motivazione: ente inutile (art.68 comma 6a Dec.Legge 112 25.6.2008) 
Questa non la sapevate vero?

Bisognerebbe organizzarlo per davvero un NOcorrotti Day.

Leggi l'articolo completo e i commenti