Anatre, humus e Co2

par chenying
giovedì 5 marzo 2009

Combattere le emissioni di Co2 con gli anatroccoli. Basta che siano messi al posto e al momento giusto.

C’è anche questo nella visione organica di Jiang Gaoming, docente all’istituto di Botanica dell’Accademia delle Scienze cinese, segretario generale della China Society of Biological Conservation e consigliere della China Environmental Culture Promotion Association. Meglio noto per le sue idee di “vegetazione urbana” e di ricostituzione degli ecosistemi danneggiati attraverso processi naturali.

Jiang ritiene che il cosiddetto “Nutrient Recycling” sia il metodo più efficiente per stoccare le emissioni e prospetta un possibile grande futuro per la Cina in questo settore. Si tratta di capire come agire e muoversi in fretta.

Gli Oceani sono il più grande “deposito” di Co2 (34.500 miliardi di tonnellate); le terre emerse ne contengono 24mila miliardi di tonnellate, tra piante, animali (noi compresi), paludi e suolo. Se è vero che nell’atmosfera ci sono al massimo 700 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, nel suolo - che ha una capacità compresa tra i 1.400 e i 2.200 miliardi di tonnellate - se ne possono seppellire due o tre volte tante.

Nutrient Recycling significa proprio sotterrare l’anidride carbonica arricchendo contemporaneamente il terreno.
Sì, perché va detto che la Co2 nelle sue varie forme - animali, microorganismi, sterco - forma l’humus.


Questo in teoria, perché la capacità di stoccaggio del suolo dipende dall’uso che se ne fa: quando foreste e paludi sono convertite in campi coltivati con fertilizzanti chimici, la capacità di assorbimento crolla verticalmente e, anzi, la terra emette Co2 invece di assorbirla.

“In Cina ci sono 1,2 milioni Km2 di terre agricole - scrive Jiang - con una capacità media di assorbimento della Co2 di 1,2 tonnellate per metro quadrato. Aumentare dell’1% il contenuto organico del terreno significherebbe assorbire 30,6 miliardi di tonnellate di Co2 dall’atmosfera. Anche se questo dovesse richiedere tre decenni, ogni anno si potrebbe fissare al suolo un miliardo di tonnellate. Le emissioni nette annuali dovute all’attività economica, ammontano in Cina a circa 7 miliardi di tonnellate, che diventeranno probabilmente 10 entro il 2015. C’è quindi un grande potenziale per lo stoccaggio di Co2 nel terreno grazie a una tecnologia di facile implementazione”.

Secondo Jiang, il nord-est della Cina - 350mila Km2 - è una delle zone potenzialmente più fertili e “assorbenti”. Purtroppo, il degrado del suolo fa sì che attualmente quell’area sia fonte di emissioni piuttosto che area di stoccaggio.

Che fare dunque? Semplice, bisogna promuovere l’agricoltura biologica, che arricchisce il terreno, lo rende stabile e capace di trattenere le emissioni.
E veniamo ai nostri anatroccoli, perché Jiang fa esplicito riferimento a un metodo di coltivazione del riso, nato in Giappone, che ormai da una decina d’anni si va diffondendo in tutta l’Asia.
Appena le piantine spuntano, si colonizza la risaia con una nidiata di anatre, che non mangiano il riso, bensì i parassiti, le lumache d’acqua dolce e le erbe infestanti che lo danneggiano. Non solo: con i loro movimenti smuovono l’acqua e la ossigenano, nutrono il riso con le loro feci e permettono la vita di altri organismi, come vermi e scarafaggi, che a loro volta arricchiscono quell’ambiente.
Alla prova dei fatti, il riso prodotto in questo modo è migliore di quello cresciuto chimicamente. E a fine raccolto, il coltivatore ha a disposizione anche un certo numero di anatre ben pasciute.
Ecco un ecosistema ricco che, a sentire Jiang Gaoming, è anche un antidoto al global warming.


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