Amore per gli animali e odio per l’uomo: un’emergenza

par Giovanni Chianelli
mercoledì 28 marzo 2012

 

Mi colpì una volta la frase della classica vecchietta di paese: “Una donna o ama gli animali o mette al mondo dei bambini”. Riduttiva come ogni provocazione perentoria, a volerla analizzare contiene qualche indizio.

La riflessione me l’ha suscitata l’interessante articolo proposto da Paolo Monarca sulle ottusità riportate in una pagina Facebook di matrice leghista dove molti utenti, commentando la notizia su una giovane rom che avrebbe maltrattato un cane, auspicavano trattamenti nazisti per la colpevole. Per me più che di razzismo è materia di psicanalisi.

L’inattitudine al confronto tra simili si manifesta, in molti casi, tramite una smodata passione verso le bestie. Guardate da chi viene quella frase, a mio avviso detestabile: “Sono meglio le bestie dei cristiani”. Spesso segue a manifestazioni di odio per immigrati e rom, per gay e criminali.

Necessario un debito distinguo tra chi difende con coraggio gli animali, vedendo nell’equilibrio tra specie una ragione di salute del pianeta, e chi di questa battaglia fa un feticcio buono alle proprie frustrazioni. Una cosa è provare piacere ad accarezzare un cucciolo, salvare una tartaruga e ammirare un cavallo che corre in un bosco. Altra è divinizzare gli animali che della propria innocenza non hanno meriti.

Per secoli il rapporto tra persone e bestie si è consumato in una serena convivenza, lontana da morbosità. Giusto che le emergenze ambientali abbiano provocato la nascita di una diffusa coscienza ecologica, meno giusto che questa venga condotta a detrimento dell'impegno, che deve essere prioritario, nei confronti dell’uomo.

Ho cercato, partendo da una mancata vocazione, di interpretare il mio piacere per espressioni libere di rapporto con gli animali e l’imbarazzo al cospetto di svenevolezze. Amo guardare la composta gioia di un bimbo che parla ad un cane, trovo ridicoli quelli che, come in un bel servizio di Enrico Lucci a “Le iene”, fanno lo shampoo al maiale.

Secondo gli analisti il parossismo, in tal senso, confina con una forma di asocialità e di disturbo. In parole povere, non mettersi in gioco con gli altri e rifugiarsi in chi non ha coscienza è un modo per non affrontare i drammi, o la pochezza, della propria. Ci si sente a casa, insomma.

Non sorprende che un tale, micidiale nesso compaia formalizzato in siti - per me da chiudere al pari di quelli di pedopornografia per identica pericolosità “psicologica” – di estremisti di destra e di frange intolleranti della Lega Nord. L'afflato, peloso, verso il creaturale è da sempre una retorica della destra. Ma, ripeto, non è la deriva razzista che allarma maggiormente: piuttosto quella umana. Un razzista è soprattutto un soggetto con disagi mentali.

Gli animali vanno trattati da tali, con rispetto e senso della distanza. Sono sicuro che sia il modo più convincente di amarli. Compiango chi ci si relaziona come a persona, annunciando la personale inadeguatezza alla gara tra uguali.


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