Allarme TBC: avviata una class action contro i colpevoli del contagio

par Emilia Urso Anfuso
martedì 27 settembre 2011

Per gli esperti, entrare in contatto con il virus della TBC non significa ammalarsi. Per chi si sta trovando ad avere a che fare con il contagio, c’è poco da rassicurare. Il virus c’è. Il contagio pure. E non è una cosetta da poco.

Sembra che per dimostrarlo, lo stesso ministro Fazio si sia sottoposto al Quantiferon, un test diagnostico in vitro che stabilisce la positività o meno alla TBC, risultando anche lui positivo, senza per questo essere malato. Certo, non ne avremo mai certezza, né che abbia davvero fatto il test, né che effettivamente sia risultato positivo, ma tant’è dobbiamo fidarci…

C’è da dire che questa situazione in ogni caso ed a ragione, sta togliendo il sonno a molti, e non solo ai genitori dei bimbi nati al Policlinico. Lo spauracchio del ritorno di una malattia considerata ormai debellata da tempo, inorridisce un po' tutti, ammettiamolo.

Dopo anni di improbabili, quanto terroristiche – almeno nelle cronache nazionali – pandemie “pericolosissime” che si sono poi smontate come una maionese impazzita, questa cosa del ritorno alla TBC proprio non ci voleva. Ci eravamo un po' messi tranquilli e zac! Ecco che un nuovo dubbio, un tarlo, un tormento, si ripresenta nelle menti di ognuno. Stressandoci più di quanto già non siamo e per motivi di altra e varia natura, manovra economica e crisi in testa.

Tornando al tema principale, stavolta però a nulla – fortunatamente – sono servite le rassicurazioni del Ministero della Sanità, del Policlinico e pure della presidente della Regione Lazio Renata Polverini, Molti genitori che hanno scoperto il contagio avvenuto ai danni dei loro piccoli, si sono riuniti in una class action coordinata da Codacons ed Articolo 32.

Così, 85 famiglie richiedono il risarcimento del danno al Policlinico Gemelli di Roma, oltretutto colpevole – cronache di questi giorni – di non aver mai effettuato controlli clinici sull’infermiera ammalata di tubercolosi che – come è noto – continuava a prestare servizio presso il nosocomio.

La richiesta di risarcimento, pari a 500.000 euro per ogni famiglia che ha riportato la positività al test per la Tbc, è presentata dall’Avvocato Alessia Stabile che procederà con l’azione giuridica di fronte al Tribunale di Roma.

Una intera famiglia composta da padre, madre, figlio grande e figlio piccolo, nato al Policlinico Gemelli nel febbraio 2010, hanno addirittura tutti riportato dalle analisi di laboratorio la compatibilità con la TBC. C’è poco da stare allegri dunque.

Inoltre, allo stato attuale, non abbiamo alcuna certezza della portata del contagio: quante persone sono transitate per il Policlinico in sei anni? Quante persone in sei anni sono entrate in contatto con l’infermiera in questione? Quanti altri infermieri hanno il virus della TBC? Di conseguenza: siamo davvero certi che gli episodi siano riconducibili solo agli ultimi mesi di questo pazzo 2011?

Il direttore del Dipartimento di malattie infettive ha dichiarato: “Il 12% della popolazione italiana è positiva alla TBC e sappiamo che il nostro Paese resta a bassa incidenza di tale malattia. Facendo il medico o l’infermiere si può essere contagiati facilmente. Le persone positive, se hanno infezioni latenti, non sono a loro volta contagiose e non devono curarsi a meno che, in rari casi, sviluppino dei sintomi”.

Ma in ogni caso, perché scoprire di essere stati vittime di un contagio per una grave superficialità oltretutto intrapresa proprio all’interno di un ambiente dove – normalmente – si spera di essere curati e non certamente contagiati?

Credo che ognuno di noi, sempre, abbia il diritto di non essere aggredito dalla faciloneria con cui certe persone pensano di mandare avanti una società ormai bombardata da eventi aberranti di ogni tipo. E non è certo la “speranza di non contrarre mai la malattia” una scusa efficace per non pagare il danno subito.

Di conseguenza, credo sia opportuno per ognuno di coloro che si sono trovati con un contagio da TBC per superficialità dell’azienda ospedaliera e delle persone predisposte ai controlli sanitari interni, di associarsi alla class action appena intrapresa: prima o poi, questa società dovrà imparare che non si gioca con la vita della gente.


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