Alitalia nuova vergine, sulle spalle degli italiani

par Fab
martedì 2 settembre 2008

Con il primo Consiglio dei Ministri dopo la pausa estiva, Berlusconi ha ripreso la sua mission immaginifica. Tra miracoli territoriali come il sotterramento della monnezza a Napoli e fulminee emergenze nazionali create ad hoc, in questi giorni c’è stato spazio anche per decretini legge ad aziendam per la conseguente adozione della soluzione finale che andrà a staccare la spina all’Alitalia. Operazioni a cui fanno seguito dichiarazioni di risoluzione dei problemi del Paese. Sul Paese. Perché qualora non se ne avvertisse ancora piena consapevolezza e malgrado anche questo affaire la stia confermando, il Premier continua a farsi beffa degli italiani spacciandosi come promoter di interventi di successo, sulle spalle del bene comune. D’altronde il suo slogan di campagna elettorale, dalla metafora pugilistica, era stato : “Rialzati, Italia!”. Che con te non ho ancora finito.

E’ tempo di confronto tra il Governo e le sigle sindacali sulla questione degli esuberi dell’Alitalia morente previsti dal piano industriale della Nuova Alitalia. Il Presidente della nuova società, Roberto Colaninno, esprimeva stamane posizioni ferme e distanti dalle richieste dei sindacati. Il quadro della vicenda dovrebbe ormai essere noto ai più ma riassumiamone i punti salienti. Occorre chiarire subito la questione terminologica e soprattutto sostanziale sull’operazione che i grandi quotidiani riportano da giorni come “salvataggio” Alitalia. Chiamare le cose con il loro nome e dire le cose come stanno, senza rischiare di generare confusione, dovrebbe essere il compito di una corretta informazione. Il termine abusato e (quasi)mai virgolettato rischia di essere preso per buono da parte dell’opinione pubblica e si potrebbe finire per credere che Berlusconi abbia davvero salvato l’Alitalia o che la cordata degli imprenditori si occupi del risanamento dell’Alitalia.
 
Secondo quanto si apprende dagli organi d’informazione, il core del “piano Fenice” prevede la costituzione di una newco, una nuova società, che buona parte della stampa identifica anche come Nuova Alitalia, come costola estrapolata dalla precedente e che prenderà il nome di Compagnia Aerea Italiana. Essa otterrà attività e parte dell’apparato operativo della compagnia morente, sarà integrata da Air One e, punto più importante, sarà scevra degli oneri debitori pregressi. Per permettere la concentrazione della nuova società con Air One, il Governo si è assunto una legge delega di modifica alle norme Antitrust. Assistiamo dunque ad una divisione d’azienda, che possiamo chiamare anche smembramento o spacchettamento ma non esattamente “salvataggio”.
Veniamo alla cordata. Abbiamo detto che dalla vecchia Alitalia sarà estrapolata la parte buona, che con verginità rifatta vedrà la partecipazione di una cordata di 16 famiglie imprenditoriali. Nello spirito del Cavaliere, qualcuno le potrebbe definire di “capitani coraggiosi” ma ciò potrebbe essere credibile se questi ne assumessero onore ed oneri. Ottenere l’ingresso in capitale di una società spogliata dei debiti non è propriamente un atto di coraggio. E trattandosi di una nuova società che otterrà anche la disponibilità di mezzi operativi provenienti dalla dismissione di un’altra, non di un salvataggio, questi capitani d’impresa men che mai possono essere considerati salvatori della Patria. Si tratta semplicemente di un gruppo di investitori che, nell’obiettivo del profitto e coordinati al momento da Banca Intesa-Sanpaolo, potranno capitalizzare ex novo gli utili della nuova compagnia ed ottenere ulteriori posizioni vantaggiose collegate; per esempio, c’è chi potrebbe ottenere spazi di appalto per l’Expo milanese. In un primo periodo ci sarà un ridimensionamento del vettore, che sarà basato su 6 aeroporti e su un numero inferiore di collegamenti quasi alla stregua di una compagnia regionale; in aggiunta, l’accordo prevede a breve l’ingresso di banche straniere e di almeno una compagnia aerea straniera di livello internazionale. (Air France-Klm o Lufhansa e sembra affacciarsi l’interesse anche della British Airways) Banche e compagnia straniera diventeranno i principali azionisti per poter far assumere alla Compagnia Aerea presunta Italiana un ambito europeo e internazionale. L’accordo dei 16 imprenditori italiani prevede il vincolo per i soci a restare nel capitale della “nuova vergine Alitalia” fino al 2013 (coincide con il termine della legislatura..!?) e successiva cessione ad un vettore straniero di sicuro affidamento. Dunque, se non nella ragione sociale, la Compagnia Aerea Italiana diventerà in un futuro alquanto prossimo la nostra ex compagnia di bandiera, in mano straniera. Berlusconi disse che ne avrebbe difeso l’italianità.
 
 
L’Alitalia che conosciamo, ora identificata come bad company (come se non fosse tale da tempo) viaggia invece come dead man walking. Modificata con decreto la legge Marzano per la gestione delle crisi aziendali e dichiaratasi la vecchia compagnia in stato d’insolvenza, ha chiesto il commissariamento e l’amministrazione straordinaria, anticamera del fallimento, affidata all’ex ministro Fantozzi che ne assumerà il ruolo di commissario liquidatore. Egli potrà svendere quel che resta mediante trattativa privata (non ci sarà un’asta pubblica) e dovrà fronteggiare la rivalsa dei creditori. Il decreto varato prevede anche indennizzi ai piccoli azionisti, tramite il Fondo per le vittime delle frodi finanziarie (!) E’ dichiarato che i piccoli risparmiatori-azionisti subiranno dei danni e il Codacons ha annunciato ricorso per tutelarli.
Restano a carico della vecchia compagnia i settori non focali dell’information technology, i servizi amministrativi generici, i call center e settori delle riparazioni e della manutenzione. Circa 7.000 esuberi. Per questi, è prevista la cassa integrazione e la mobilità, per un periodo totale di 7 anni. Secondo le prime dichiarazioni del Ministro Matteoli, una parte potrebbe essere ricollocata in Poste Spa, società regno delle controversie legali con i precari. Ma uno dei pochi esponenti apprezzabili di questo Governo, il Ministro della Funzione pubblica Brunetta, ha escluso categoricamente qualsiasi forma di assorbimento nelle Poste e nella P.A. Con questo dovrebbe essere chiaro quanto possa essere insidioso il piano di ammortizzatori sociali previsto. In Campania vi è l’esempio dei non pochi lavoratori dell’Atitech, che potrebbero restare a spasso.
 
(Im)morale della favola, il debito della vecchia Alitalia che ammonta ad oltre un miliardo di euro resterà accollato allo Stato, dunque ai cittadini e contribuenti italiani. Dopo i 300 milioni di prestito ponte che l’Ue potrebbe configurare come aiuto di Stato.
 
La soluzione adottata mette ancora una volta in risalto quanto la logica di Berlusconi segua il suo principio della privatizzazione dei profitti e della socializzazione delle perdite e che quel suo finto liberismo venga a cadere miseramente sulla base del tornaconto politico ed elettorale.
Oggi appare ancor più colpevole di aver respinto con una provincialistica motivazione l’offerta avanzata da Air France alcuni mesi orsono e che risulta migliore della situazione posta in essere oggi. Responsabilità condivisa con i sindacati, che tirarono la corda provocando la rinuncia dei francesi e che oggi discutono con colpe proprie come affrontare l’esubero di ben 7.000 lavoratori, a fronte di poco più di 2.000 che erano stati messi in conto dalla prima offerta di Air France. Offerta da rimpiangere perché avrebbe portato soldi nelle casse dello Stato per l’acquisto del tutto: flotta, dipendenti e debiti compresi e con il pagamento di un prezzo, quale esso sia, per le azioni.
 
La cattiva amministrazione, frutto d’incapacità e/o di malafede, delle più grandi aziende italiane a partecipazione statale puntualmente non viene riconosciuta né sanzionata, (dice niente Trenitalia? E negli anni: Fiat-Alfa Romeo, Parmalat, Banco di Napoli..) e il suo peso ricadrà come sempre sulle spalle degli italiani. Così come la politica dannosa. O forse han detto bene al Tg3, sulle loro palle.



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