Alessandro Mlòn: ovvero monnezza e monnezzaro
par Giuseppe Aragno
mercoledì 12 novembre 2014
Napoli Monnezza è il napoletano Liborio Romano che recluta la camorra, ma il monnezzaro è genovese, porta la camicia rossa e di mestiere fa “l’eroe dei due mondi”: si chiama Garibaldi e riempie l’enorme carrozzone burlesque della polizia con la Napoli camorrista. Se uno non la dice questa cosa o fa finta di non saperla, lamonnezza puzza di razzismo, sa di affare losco e si chiama malafede.
Mentre i napoletani garibaldini si fanno sparare gridando “viva l’Italia”, a Bronte il colonnello Nino Bixio, da buon monnezzaro genovese, fucila i contadini che ha imbrogliato e a Napoli i camorristi diventano polizia, così chi s’è visto s’è visto. Gioco di prestigio o colpo da campione,
Napoli Monnezza è diventata subito l’Italia dei padroni e dei pennivendoli e la gente perbene, i lavoratori e i contadini, stanno peggio di prima. Al primo Bifulco che parla ci pensa la monnezza in divisa da carabiniere e guardia nazionale e se non basta, interviene un azzeccagaburgli prestato alla politica, Giuseppe Pica, uno come tanti, che scrive una legge subito approvata dai monnezzari di tutt’Italia e si fa un macello. Qualcuno protesta? E che ci vuole a farlo tacere? Si punta il dito, indignati: Gesù, ma che dici? Tu mò ti difendi persino i briganti?.
Il potere calato dal Nord non solo si mette maliziosamente d’accordo con Liborio Romano e manda da noi la Torino monnezza vestita da bersagliere, ma compra le penne d’ogni colore e va in scena la farsa: “La capitale del Mezzogiorno è una palla al piede per l’Italia!“. Mentre i monnezzari si fanno quattr’uova in un piatto, in galera ci vanno gli anarchici e i socialisti; liberi, invece, nei tribunali, nelle università, nei Parlamenti dei padroni, d’accordo con la monnezza napoletana e con tutte le monnezze nazionali e internazionali, con l’oro dello Stato borbonico e con le tasse della Napoli pulita, Garibaldi e compagni fanno la fortuna della peggiore monnezza che si sia mai vista a questo mondo: i padroni del Nord e gli agrari del Sud. Il monnezzaro lo sa: più si sporca le mani e più si arricchisce, perciò nella monnezza sciala. Poi, per salvare la faccia, dà la parola a quelli come Alessandro Mlòn e se la piglia con la monnezza che non si vuole ribellare. Mlòn lo sa bene, la colpa è dei monnezzari e di chi gli dà una mano ma nella monnezza sciala come loro.
Da secoli Napoli pulita combatte contro Napoli Monnezza, ma il monnezzaro non ha patria e non ha famiglia: è un figlio di buona donna o, come dicono a Napoli, è ‘nu figlio ‘e puttana. Si mette d’accordo con la monnezza, ci campa alla grande, però poi si lamenta e ci fa la morale. Nel 1799 Napoli pulita usava il bidet e faceva già la differenziata, ma i monnezzari inglesi, che senza la monnezza sparsa in giro per il mondo non potevano più fare affari per tutti i mari, si misero d’accordo con la monnezza napoletana e fecero fuori la città pulita, che s’era ribellata. Cirillo, Pagano, Fonseca, Russo, il fior fiore della cultura e della politica napoletana – il meglio che si potesse trovare nella penisola – finirono appesi per il collo.
La monnezza sanfedista fece cose mai viste con l’appoggio dei monnezzari inglesi e col consenso di quelli francesi, che avevano tradito i rivoluzionari e se n’erano andati a fare i loro loschi affari con la monnezza di tutto il Continente Antico. Così la Napoli Monnezza tornò sul trono e divenne persino merce d’esportazione. Fu l’Italia Monnezza che combinò l’affare della Banca Romana e c’entravano, monnezzari in parti pari, il Nord e il Sud: Crispi e Giolitti. Pagò come sempre la povera gente.
Nel settembre del '43, Napoli pulita cacciò a fucilate la monnezza napoletana e quella tedesca, ma gli americani, gli inglesi e i francesi, che con la città pulita affari sicuramente non ne avrebbero fatto, si presentarono con i monnezzari più esperti del globo terracqueo – Lucky Luciano, per fare un nome, quel nobiluomo del colonnello Poletti e chi più ne ha più ne metta – e la spuntò un’altra volta la monnezza. Quella locale e quella internazionale. A onor del vero, ci mise del suo anche qualche gran signore settentrionale e più di tutti si distinse una volta ancora un genovese, uno che monnezzaro non era, ma le cazzate le fanno pure quelli puliti e settentrionali. Dopo Pica, giunse Togliatti, che firmò una legge sul riciclo dei rifiuti politici e lasciò in eredità alla repubblica il fascismo e i fascisti: balle ecologiche che contenevano monnezza di provenienza soprattutto centro-settentrionale, sia nella versione pulita di Volpi di Misurata e di Bottai, che in quella sporca di Balbo. La legge sull’epurazione sembrava fatta apposta per lasciare a galla monnezza e monnezzari, passati pari pari nell’Italia pulita, quella della Resistenza e di Napoli partigiana. Persino gli Agnelli, i Lauro e i Valletta.
Da allora, la città pulita continua a ribellarsi e a lottare, ma sono ormai molti anni che nella “terra dei fuochi” come in Val di Susa, i monnezzari – che com’è noto vivono di monnezza – hanno fatto fuori la legalità repubblicana. Napoli Monnezza non si spiega senza “Milano da bere”, l’eterna tangentopoli, l’inestricabile intreccio tra politica e malaffare, senza i monnezzari che oggi come ieri fanno affari con la malavita organizzata e con le mafie istituzionali: mazzette, voto di scambio, irregolarità elettorali piemontesi, ripetute tragedie genovesi. Non c’è parte d’Italia che non sia Napoli Monnezza e non c’è monnezzache non abbia i suoi monnezzari: giornalisti – ‘e cecate ‘e Caravaggio – magistrati, gente in divisa, che non ha mai intercettato un carico di rifiuti tossici, monnezzari provocatori, monnezzari confidenti e monnezzari pennivendoli, che sparano addosso alla città pulita che non vuole ribellarsi. Gente che gioca con le parole, ma è un gioco sporco, una monnezza di gioco. Il gioco del monnezzaro che piace da morire a scribacchini e velinari.