Alemanno, l’omicidio Sandri e la sentenza non gradita

par Cesare Lazzini
venerdì 17 luglio 2009

Le democrazie moderne appoggiano sulla divisione dei poteri: Legislativo, Esecutivo, Giudiziario. Le quotidiane deroghe a tale principio cardine portano in Italia all’accettazione di un sistema di governo di sapore "vagamente" neofeudale.

«Chiederò spiegazioni ai ministri Maroni e Alfano e al capo della polizia Manganelli. Mio figlio è stato assassinato dallo stato e ora lo stato mi deve giustizia». Lo ha detto il padre di Gabriele Sandri, il tifoso ucciso l’11 novembre del 2007 nell’area di servizio Badia al Pino.

’’Questa sentenza francamente non la comprendiamo. Noi vogliamo che giustizia sia fatta. In giornata mi metterò in contatto con i ministri della giustizia e degli interni proprio per avere garanzie sul fatto che il processo di appello possa rendere giustizia alla famiglia e a tutti gli sportivi romani’’. Così il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno.

Non entro nel merito di una vicenda drammatica: questo articolo non è una disamina della vicenda giudiziaria, dei suoi esiti, della loro condivisibilità.

Voglio solo porre l’attenzione sulla gravità dell’ennesimo esempio di una ormai inconscia deriva culturale che dimentica l’essenzialità dell’equilibrio fra i poteri quale cardine della democrazia in questo paese.

La sentenza non è ancora definitiva, il nostro sistema giudiziario prevede ben tre gradi di giudizio. Le sentenze, civili o penali, sono competenza del potere Giudiziario.



Suggerire a più riprese e in più occasioni che uno dei tre poteri sia assoggettabile a una qualsivoglia potestà superiore, significa ingenerare l’accettazione di un modello di tipo neofeudale, nel quale ci si riferisce per la risoluzione dei problemi al signore locale.

Non è la prima volta, né la più grave: numerose ingerenze sono state negli ultimi tempi non solo suggerite, ma messe spudoratamente in atto. Quello che mi ha colpito, in questo caso, è stato il fatto che il cittadino abbia di sua iniziativa dichiarato di volersi rivolgere ad altro interlocutore per far valere le sue posizioni.

Giuste o meno, non è questo il punto: il punto è che il principio aberrante di far sentire le proprie rimostranze rivolgendosi a quello che si ritiene il più forte (tanto ben rappresentato nel cinema, nella letteratura, nella musica e nella storia stessa del nostro paese da farlo ritenere quasi un costume nazionale) pare aver trovato piena ufficializzazione nelle coscienze degli italiani, diventando normale.

Chi ha creato il suo consenso elettorale abbandonando il percorso della piena realizzazione della Costituzione formale e seguendo invece quello dell’ufficializzazione della Costituzione materiale del paese (una sorta di fotografia della costituzione reale che regola il paese, consistente in quanto della Costituzione formale è stato finora recepito dalla società), se non addirittura un chiaro percorso di ripudio ed allontanamento dai valori Costituzionali, ha fatto presa sulla pigrizia, l’ignavia, l’insofferenza alle regole e la paura del cambiamento dei cittadini: strategia efficacissima in termini di consenso ma, quantomeno, di dubbio valore sociale: e dagli esiti prevedibilmente imprevedibili.



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