Alberoni: il carro trionfale dei nemici della rete

par Michele Mezza
lunedì 23 febbraio 2009

Dopo Eco e Riotta anche il prof. Francesco Alberoni entra nel carro trionfale dei nemici della rete. Non capisco i giovani, dunque aboliamo i giovani.

La nota di questa mattina, lunedi 23 febbraio, di Francesco Alberoni sul Corriere della Sera, segnala un ulteriore preoccupante ripiegamento del sistema intellettuale italiano, di fronte alla crisi.

Il senso del ragionamento del sociologo passato anche per il consiglio di amministrazione della Rai, è quello di dire, visto che i giovani non ci seguono allora aboliamo i giovani.

Una logica raggelante, ma, purtroppo, non solitaria.
Si ingrossano le fila di chi, di fronte al proprio isolamento, reagisce, chiedendo di abolire il suo interlocutore.

La singolarità del caso Alberoni è data dal fatto che giunge a poche ore dalla celebrazione dei fasti di massa del Festival di Sanremo. La domanda da porre è: chi fra i frequentatori di YouTube o Facebook, o ancora meglio delle mille comunità attive di rete, ed i 14 milioni di spettatori della kermesse di Bonolis è più lontano dalla realtà?

Alberoni lamenta che i giovani si droghino, combinando cocaina e web, mentre gli anziani che si paralizzano davanti alle esibizioni di Iva Zanicchi e Al Bano rappresenterebbero un saldo ancoraggio per la società.

Non siamo molto lontani dalle nostalgie di Gianni Riotta per il buon tempo antico, o ancora, dal disorientamento dei vari leader politici, soprattutto del fronte riformatore, che non comprendano come il paese non li segua.

Siamo ad un cambio di paradigma che non ammette incertezze: cambia la lingua, non il linguaggio.



Pertanto, bisogna mutare i letterati.
Il battistrada del processo è la comunicazione, che non è più servizio accessorio, ma contenuto e forma del modello produttivo, del modo in cui si crea il valore.
E dunque, questa è la domanda, non sarebbe il caso di concedere a questa dimensione la dignità che nel secolo scorso fu accordata al fordismo, alla catena di montaggio?

Non sarebbe il caso di diventare davvero più radicali? Dobbiamo smettere di concedere ascolto e credibilità a chi ancora ci parla di cose irreali, di stupidaggini senza senso: la comunicazione multimediale oggi è il senso comune del pianeta, è l’unico modo in cui un essere umano in Europa o in America o in Cina può sentirsi parte di una comunità.

Il resto è davvero noia. 
Ma l’indignazione non basta: bisogna andare oltre.

Bisogna che le comunità della rete si assumano la responsabilità di superare il proprio orizzonte e si misurino con il compoito di ricostruire un modo di vievere di di svilupparsi.

La crisi economica chiama la rete allo stesso impegno cui, nel 1929, fu chiamata quella straordinaria invenzione che fu appunto l’industria di massa: dare all’umanità un modo di crescere e diffondere la ricchezza.

Dobbiamo dunque creare senso comune: credo che si debba arrivare, anche in Italia, ad una sorte di grande Woodstock della rete, un appuntamento dove operatore, creativi, utenti, e osservatori trovino filoni di ricerca e mettano in comune il proprio sapere. Bisogna arrivare ad un open source delle professionalità.
AgoraVox, mediasenzamediatori.org e tutte le comunità disponibili alla bisogna, potrebbero essere i promotori di questa mobilitazione.

Proviamoci nell’anno del futurismo, per non dover assistere fra qualche anno all’ennesima rievocazione di un evento che ci è passato, inutilmente, fra le mani.


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