Al posto del PIL il PIQ (Prodotto Interno Qualità)?

par Paolo Borrello
mercoledì 7 dicembre 2011

Spesso si sostiene, giustamente, che il PIL, Prodotto Interno Lordo, non sia sufficientemente rappresentativo della ricchezza e soprattutto del benessere di un determinato Paese.

Sempre più spesso si tenta di individuare nuovi indicatori che, quanto meno, si affianchino al PIL, pur non sostituendolo. E’ il caso del PIQ (Prodotto Interno Qualità), indicatore “inventato” da Symbola e da Unioncamere.

Quasi metà del Prodotto Interno Lordo (46,9%) deriva dalle produzioni di qualità. La creatività, la sostenibilità ambientale, la bellezza e il lavoro dignitoso valgono infatti 441.869 milioni di euro. È questo il valore del nuovo indicatore, il PIQ appunto.

Il nuovo indicatore supera il 50% della produzione solo in agricoltura (53,8%, 9.481 milioni di euro) e nelle utility energia elettrica acqua e gas (50,5%, 15.433,6 milioni). È alta anche la produzione di qualità nel manifatturiero (48,2%, 105.040,8 milioni) mentre è più bassa nelle costruzioni (43,8%, 26.143,3 milioni).

I servizi sono a un livello intermedio (46,4%, 283.765,8 milioni) ma per la loro dimensione contribuiscono da soli al 64% del PIQ nazionale. Lo sviluppo di nuovi indicatori da affiancare al PIL “non è un divertissement - ha detto il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini - perchè la qualità è ancora più importante della riduzioni del deficit o del debito per la crescita del Paese”.

Il coordinatore scientifico del PIQ, Luigi Campiglio dell'Università Cattolica di Milano, ha aggiunto che si può attribuire la perdita dell'ultimo decennio di crescita del Paese al “logoramento del premio di qualità di cui abbiamo goduto in passato, che significa meno vantaggi competitivi, meno buon lavoro e meno investimenti”.

È anche per questo, secondo il segretario generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi che “la qualità è la dimensione decisiva su cui si gioca il futuro del Paese”.



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