Ai miei amici al fronte

par Francesco Piccinini
martedì 9 settembre 2008

Al sud Italia negli ultimi vent’anni sono morte 10.000 persone per mano della criminalità organizzata. Poche righe per tre uomini che raccontano questa guerra.

Spesso mi addormento pensando a loro. A cosa stanno facendo, a chi stanno intervistando, tra quali carte sono immersi. Stringo i pugni, chiudo gli occhi e ripenso ai momenti insieme.

Guardavo le immagini di Mantova. Due anni fa, non mille. Roberto presenta il suo libro, 20.000 copie vendute. Arrivo al festival dopo un mese passato in Australia, Francesco mi manda un messaggio: “vedi che pure Roberto è a Mantova”. Uno sms: “guaglio’pure tu qui?” e di corsa alla presentazione di Gomorra. Alla fine la fila, lunga. Teste in attesa di una firma.

 

Era solo l’inizio ma non lo sapevamo. Finito l’inchiostro ci prendiamo un momento per noi, per noi due... Oddio, eravamo in 3 ma la terza persona, ora, vuole dimenticare quei giorni.

Compriamo un po’ di dolci, due passi fino al ponte San Giorgio e ci sdraiamo nel parco. Ecco lo ricordo così Roberto, in quel momento. Un’immagine nitida, l’ultima volta senza scorta. L’ultima volta che ci siamo sdraiati, all’aperto a mangiare e chiaccherare senza pensare alla camorra, ai casalesi e all’alleanza di Secondigliano. Mi ricordo ogni singolo colore e foglia di quel pomeriggio. La mia mente l’ha immagazzinato come se già sapesse quello che sarebbe successo.



Un secondo amico è Arnaldo Capezzuto. E’ sempre colpa di Francesco se ho conosciuto questo concentrato di ossa e caratteri mobili. Arnaldo l’ho incontrato una mattina di primavera, in piazza Bellini. Odore di caffé e peschi. Uno scricchiolo che ha piegato un clan. Ha piegato, da solo, i Giuliano: i boss di Forcella, i camorristi delle foto con Maradona. Ha piegato il clan di Luigi Giuliano “Lovgino”, l’autore di “Anna se sposa”, che, oggi, Gigi d’Alessio canta in giro per l’Italia. Arnaldo è un taccuino e una macchina fotografica. Documenta tutto, chiede, importuna, fa il suo mestiere. Non arretra mai, la notizia la dà, sempre. A Forcella lo cercano ancora, non è andato giù che abbia fatto abbattere una costruzione abusiva dei Giuliano per dare spazio alla scuola Annalisa Durante – 14enne morta per mano della camorra -.

Per finire Pino Maniaci: “Partinico non è Palermo. [...] qui è aperta battaglia”. Pino è per me un piatto di pesce in riva al mare. E’ le urla di Letizia che grida: “Stop”, alla fine di due ore di Tg. Pino è odore di macchine che bruciano e occhi che si abbassano. Pino è lo sguardo di chi è sempre pronto ad aiutarti, è la voce di chi non si fa piegare.

Se passate per Partinico, in mezzo allo scirocco hanno piazzato una diga antimafia. E’ una piccola emittente locale, un’emittente che fa tremare i boss, perchè non è l’uomo che fa paura ma le sue idee.

Tre uomini al fronte. Non lasciamoli mai soli: sul fronte meridionale chi è solo è meno di uno.

 


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