AgoraVox, Peppino Impastato e il sogno dell’informazione

par Francesco Piccinini
sabato 9 maggio 2009

In questi mesi chi ci legge si sarà accorto di molti cambiamenti. AgoraVox si è aperta, ha accolto opinioni diverse, si è fatta strumento di diffusione di un codice di comportamento libertario o pseudo libertario. Gli amici di Milano poi sono simpaticissimi, anche i creativi venuti da Bologna, i fricchettoni piovuti giù dall’India, queste ragazze inglesi e tedesche sono bellissime, verrebbe da piantare tutto e partire dietro a loro. Ma qui non siamo a Berckley, non siamo a Woodstock e nemmeno all’isola di White. Siamo in Italia e non aspettano altro che il nostro disimpegno, il rientro alla vita privata. Voglio richiamare la vostra attenzione. Ma non voglio fare tutto da solo, bisogna che ognuno di noi torni al lavoro che ha sempre fatto cioè informare, dire la verità. E la verità bisogna dirla sulle proprie insufficienze sui proprio limiti.

Se dovessi dedicare un giorno ad AgoraVox dedicherei il 9 Maggio. Il giorno della morte di Peppino Impastato. Uno dei giorni più bui della storia italiana. Mi sono permesso di “riarrangiare” una parte del film perché quelle parole da qualche giorno mi si erano conficcate nelle orecchie.

Peppino Impastato aveva trent’anni quando è morto perché faceva informazione. Peppino Impastato è morto nel silenzio dei giornali dell’epoca, coperto dal rumore di un omicidio eccellente: quello di Aldo Moro. Oggi diremmo nel silenzio dei media “mainstream”.

Ogni 9 Maggio l’informazione italiana dovrebbe guardarsi e pensare a Peppino. Pensare a tutti quei giornalisti e non che hanno dato la vita per fare quello in cui credevano. Fermarsi, come non si fa mai, e guardarsi. Guardare i propri legacci, le proprie agenda setting, i propri errori. Guardare i fili sottili che tengono attaccato il nostro paese in una lacerante immobilità.

L’esperienza di AgoraVox è, per questo, entusiasmante. Vivere la libertà di non essere inseriti in un’ “area”, sia essa politica o economica, è un privilegio. Dover dar conto solo al proprio pubblico fa respirare un’aria più fresca, fa riempire i polmoni e poi li fa rilasciare con un smorfia di serenità. Una serenità che ti lascia sognare.

Sogno un’AgoraVox che sia fatta di cento, mille Radio Aut, fatta da cittadini che non si “disimpegnano”, fatta perché divenga di tutti. Sogno un AgoraVox in cui ci sia molta più cronaca – anche locale – che parli dei problemi dimenticati di un’Italia che tende a dimenticare.



Sogno un AgoraVox dove non ci si accanisca tutti su una sola notizia ma che ospiti opinioni e punti di vista differenti. Sogno un Agora in cui le persone dialoghino tra loro senza lanciarsi invettive al solo scopo di “prendere il punto”: come in una inutile guerra.

Sogno un AgoraVox che avrebbe accolto Peppino Impastato. Un luogo in cui portare le proprie istanze per farle uscire dal silenzio che le avvolge. Peppino è morto perché la sua lotta era una lotta locale contro un male nazionale.

Sogno un AgoraVox ma non voglio fare tutto da solo, bisogna che ognuno di noi torni al lavoro che ha sempre fatto cioè informare, dire la verità. Con l’onestà intellettuale di chi è sempre pronto a mettersi in discussione. Sogno un altro modo di fare informazione.

In questi mesi chi ci legge si sarà accorto che siamo sempre di più e proprio per questo vorrei che nessuno se la prendesse se un suo articolo è bocciato perché è la terza notizia che parla della stessa cosa. Vorrei che nessuno gridasse alla censura ma alla semplice analisi se il suo pezzo aggiunge qualcosa a quanto già scritto. Vorrei che chi ci legge noti che diamo voce a tutti ma che abbiamo una politica editoriale alla quale ci atterremo sempre di più.

E ora la smetto di annoiarvi e vi metto un po’ di buona musica…


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