Afghanistan, l’Isis contro i talebani
par Enrico Campofreda
lunedì 16 febbraio 2015
Omar e gli indipendenti - L’ipotesi d’una sua scomparsa non è così peregrina, anche lui potrebbe essere deceduto sotto le bombe di caccia e droni statunitensi, com’è accaduto ad altri leader. La provincia del Badakhshan è un angolo strategico dove s’incrociano tre nazioni (Pakistan, Cina, Tajikistan) e rappresenta uno degli ingressi per il contrabbando dell’oppio verso l’Europa. Proprio il traffico di questa merce richiestissima dall’Occidente costituisce una delle maggiori entrate di questo ceppo talebano sui generis, di cui si mormora non siano né mullah né studenti. Altri loro finanziamenti provengono da una sorta di tassa doganale che i guerriglieri, armi in pugno, richiedono a chi transita sulle strade di fondo valle che controllano da tempo. Fra i pagatori i commercianti, neppure tanto minuti visto che ci sono multinazionali straniere, di marmi e metalli ferrosi, ma anche di pietre preziose. Dei giovani che finiscono fra i taliban del Badakhshan un buon numero è attirato dalla promessa di salario e cibo. Altri s’accorpano perché non trovano posto nell’esercito nazionale dopo dispute coi potentati locali e anche contrasti con antichi combattenti mujahedin. Gran parte dei miliziani sono nati alla fine degli anni Ottanta, quando i talebani vedevano luce.
Quarant’anni di guerra – Di fatto indipendenti godono, comunque, d’una buona fama. Storie di alcuni abitanti rapiti dai miliziani locali e condotti in rifugi sui gelati monti dell’Hindu Kush hanno registrato un lieto fine col rilascio dei sequestrati senza violenza alcuna. Chi temeva la decapitazione e ha visto come i carcerieri la rifiutavano, continua a ribadire che costoro sono diversi chi aveva governato a metà degli anni Novanta. Occorre vedere se la minaccia dell’Isis rivolta a questo prodotto interno del jihadismo locale possa trovare seguito fra le varie etnie molto legate alle proprie tradizioni. Per tacere del combattentismo mujaheddin di marca pashtun che ha dato vita a tutte le bande che si sono divise la nazione dietro i warlords. Quarant’anni di guerriglia che incrina il mito dell’Armata Rossa, introduce la macelleria della guerra civile, l’oscura parentesi del governo talebano, la resistenza all’invasione Nato e lo stillicidio di guerra interna-esterna rappresentano un quadro che nel male più che nel bene non ha altri esempi al mondo. L’Isis troverebbe pane per i suoi denti. E’ la terza generazione di afghani che cerca di sopravvivere alla morte violenta, oltreché per stenti, che non merita questo. E’ un popolo sofferente che non ha bisogno di aggiungere crudeltà ad angherie, men che meno quelle del fondamentalismo dei cavalieri del Califfato.
articolo pubblicato su http://enricocampofreda.blogspot.it