Affinità/Divergenze tra gli svedesi e noi

par L’89
martedì 21 settembre 2010

Sì, l’estrema destra entra in parlamento. Ma attenzione, il premier non li vuole al governo. E soprattutto, non hanno i numeri di un certo partito xenofobo e razzista tutto italiano. Anzi, padano.

C’è qualcosa che attira spasmodicamente i media all’esito della tornata elettorale svedese. Come se dall’avanzata dei nazionalisti scandinavi si possa delineare il segno dei tempi. Mostrando notevole ritardo. C’è da sottolineare, in principio, che il premier uscente Reinfeldt, nome da arbitro norvegese, ha giurato e spergiurato – certo, lo attende la riprova – che mai siederebbe al governo con i Democratici di Svezia. Anche dovesse – come pare – mancargli la maggioranza.

“Non li toccherei neanche con le pinze“, ha detto. Loro, gli ultraconservatori di Jimmie Åkesson, sanno d’aver fatto boom, che non possono mirare troppo a poltrone degne. “Se non questa volta, al prossimo giro saremo al governo: è una promessa”, ammonisce. O minaccia. Alla fine di una disputa elettorale che li ha visti entrambi, e i socialdemocratici, impegnati a districarsi su fisco, welfare e occupazione - malgrado la stabile economia svedese.

Certo, ha i tratti del violento e dell’irrazionale, questo partito. Anti-islamico, xenofobo. Ma è appena sopra la soglia di sbarramento. Metà, un terzo dei voti della Lega Nord. Con la quale condivide l’aspirazione a ”spingere più in là i limiti del legittimo, in equilibrio sul filo dell’accettabile”, spiega un esperto al Corriere. Più raus e meno pernacchie, in Svezia. Maggiore autonomia nella platea da incamerare in maggioranza, senza Cuffari, Storaci e Udc siciliani da convertire, o deliranti autonomisti da sopportare e coltivare in seno. Nel Paese che accetta tutto e tutti, persino un partito xenofobo al 12%, alla plancia di comando. Da anni, senza titoloni.
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