Adesso parlo io... A giugno parleranno gli elettori?

par dirittidoveri
venerdì 8 maggio 2009

 

Questa volta si è davvero raccomandato in ALTO: il lodo Alfano non bastava più...

Altro che chiedere scusa, come s’è illusa con qualche amica Veronica. Silvio è andato in tivù, da Vespa, per rilanciare la «sua» verità. Vuole che sia lei a piegarsi: dica perdono, ho sbagliato. Dipinge la moglie come una donna manipolata. Accusa «le gazzette della sinistra» di averle fatto bere «due assolute falsità». La prima è che lui volesse infarcire di «veline» le liste del Pdl. La seconda, che avesse frequentazioni con la minorenne Noemi. Berlusconi nega su tutta la linea e definirlo infuriato è poco. Per contrattaccare dal video, ha disdetto all’ultimo istante un appuntamento con il Presidente della Repubblica. Dovevano affrontare la promozione della Brambilla a ministro, ma il caso Veronica è diventato più importante del mini-rimpasto (rinviato a giovedì), specie dopo la bacchettata mattutina dei vescovi. A Vespa non è parso vero di trattare il caso che fa parlare il mondo.


Scaletta allestita di corsa, senza la signora Lario. Nonostante il conduttore e De Bortoli (direttore del «Corsera») l’abbiano difesa, è parso a tratti un processo in contumacia. Se gli italiani si facessero l’opinione solo in base a quanto hanno udito ieri, giudicherebbero Veronica una visionaria. Per Berlusconi è tutto un castello di «calunnie» costruito dalla sinistra «che non riesce ad accettare la mia popolarità salita al 75 per cento, e ricomincia con gli attacchi personali». Dirà anche il premier, nel corso della puntata, che «una bugia di Franceschini al giorno leva i Democratici di torno». Parlerà di terremoto, di «segnali sulla crisi che inducono alla fiducia», chiede un «intervento della Banca d’Italia» affinché le banche continuino a fare le banche e ad erogare crediti alle imprese. «In questo momento gli istituti bancari stanno facendo utili elevati, perfino eccessivi», dice il premier, quindi Draghi farebbe bene a intervenire. Ma nel suo mirino c’è soprattutto la consorte.

Non ingannino certe forme di tenerezza, tipo «sarebbe bello fare i nonni in due», oppure «le ho voluto e le voglio un mare di bene». Il Cavaliere parte subito recriminando, già in passato Veronica aveva creduto a dicerie e falsità. Stavolta è ricaduta nella «trappola». Sulle aspiranti miss da candidare in Europa, la versione berlusconiana cozza con quanto i giornali hanno ricostruito: «Tutte invenzioni». Tra l’altro «se ne sono occupati i tre coordinatori Pdl», lui era all’oscuro. E comunque mettere in lista «donne giovani, non sgradevoli, credo sia positivo. Tutti parlano di quote rosa, e poi quando si osa farle...». L’altra «menzogna» che Veronica avalla, secondo Silvio, è la tresca con la diciottenne napoletana. Tono infervorato del premier. Narra il suo arrivo alla famosa festa di compleanno, mostra le foto scattate con parenti, amici, camerieri e cuochi perché «se rinunciassi a stare con la gente più umile non sarei me stesso». Irride chi ipotizza fotomontaggi, «basta chiedere ai tanti presenti».

Argomenta: «Se ci fosse stato qualcosa di piccante o di men che pulito, il presidente del Consiglio non sarebbe stato così pazzo da andare». Quando tutto sarà chiarito, la «simpatia del mondo cattolico «crescerà», altro che perdere voti. Bordata a «Repubblica». «Non è stato casuale» che Veronica si sia sfogata lì. Faccia scurissima, come l’abito. «Chi è incaricato di una funzione pubblica da presidente del Consiglio può accettare la continuazione di un rapporto solo se si chiarisce che quelle cose erano false, e si dichiara di essere incorsi in errore». Ritratti, o sarà divorzio. Sul matrimonio da tempo in crisi, Berlusconi invoca la privacy: «Fatemi questa grazia». Però, puntigliosamente, proprio lui torna sull’accusa di Veronica («Dai nostri figli che compivano 18 anni lui non è mai venuto»). Racconta di averli chiamati per verificare le circostanze. Luigino «non festeggiò», Eleonora «nemmeno ricorda», quanto a Barbara le portò un aereo di amici a Las Vegas con costumi del Settecento. Amarezza del premier: «E’ una storia che finisce, o può finire, ma non dovrebbe andare in pasto ai giornali. E alla tivù».


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