Addio Italia, sul calcio soffia il vento dell’est
par Giovanni
mercoledì 5 settembre 2012
Dopo il calciomercato estivo, monopolizzato dal PSG, gli ultimi colpi messi a segno dallo Zenit di Spalletti dimostrano che le sorti del calcio mondiale appaiono sempre più legate ai petroldollari
Che il campionato italiano non possieda più né l'appeal, né tantomeno la disponibilità economica di qualche anno fa è palese, come del resto certificano tanto il quarto posto occupato dalla Serie A nel Ranking UEFA (classifica che guidavamo non più tardi di 13 anni fa) quanto il gap tecnico, economico e infrastrutturale che ci separa da Spagna e Inghilterra (e che ad oggi appare lontano dall'essere colmato).
La conferma definitiva è arrivata con la maxi-operazione di mercato imbastita ieri dallo Zenit San Pietroburgo: alla "modica" cifra di 80 milioni di euro, la compagine russa si è assicurata le prestazioni del possente attaccante brasiliano Hulk, 26 anni, proveniente dal Porto, e del 23enne centrocampista belga Axel Witsel, ex-Benfica (seguito in passato anche dal Milan). Si tratta indubbiamente di due giocatori di caratura internazionale, ma non è questo il punto. Dieci anni fa giocatori di questo calibro sarebbero approdati in Italia con relativa facilità; oggi, invece, attratti da ingaggi faraonici che le nostre squadre non sembrano più poter garantir loro, preferiscono (oltre al fascino di Premier League e Liga) paesi di tradizione calcistica meno radicata, ma maggiori liquidità (in primis la Russia).
Per convincere gli scettici, basta scorrere la top ten degli acquisti estivi: Abramovic escluso, a recitare la parte del leone sono stati soprattutto PSG (oltre 130 milioni di Euro spesi tra Ibrahimovic, Thiago Silva, Lucas e Lavezzi) e Manchester City, quest'ultimo in ribasso rispetto al recente passato (da segnalare comunque i 25 milioni di Euro versati nelle casse del Benfica per il centrocampista spagnolo Javi Garcia). Trait-d'union tra le due società è la presenza al vertice di sceicchi che non esitano a fornire ai rispettivi manager budget praticamente illimitati (in barba al tanto decantato "Fair Play finanziario", verrebbe da dire).
Se pensiamo che in Italia il trasferimento più oneroso della sessione estiva è stato quello di Destro (dal Siena alla Roma per 15 milioni) emergono immediatamente le difficoltà che i club italiani incontrano nel competere sul mercato con colossi del genere, uscendone regolarmente con le ossa rotte. Ne sa qualcosa la Juventus, che nel giro di 2 anni si è vista soffiare due cosiddetti "top-player" quali Aguero e Van Persie rispettivamente da Manchester City e Manchester United.
Come salvare dunque il campionato italiano da un declino che pare irreversibile? Innanzitutto è necessario prendere coscienza del fatto che, a meno di un'improbabile inversione di tendenza (al momento inipotizzabile), nel futuro prossimo i campioni affermati tenderanno sempre più a dirigersi verso i campionati sopracitati; dopodiché, occorre fare di necessità virtù, ossia investire con decisione nello scouting e nella crescita di potenziali talenti (seguendo in parte la scia già tracciata dall'Udinese).
Nel breve periodo, tutto ciò condurrà inevitabilmente ad un calo del tasso tecnico, ma a trarne indubbi benefici saranno sia i bilanci delle società (non più martoriati da ingaggi insostenibili), sia la Nazionale, che vedrebbe aumentare il bacino in cui attingere in proporzione diretta al crescere dell'impiego dei giovani calciatori nostrani (i quali difficilmente avrebbero immediatamente trovato spazio nella massima serie). Le prospettive non appaiono rosee, ma il materiale su cui lavorare c'è e gronda qualità (Destro, Insigne, Florenzi, Marrone, giusto per citarne alcuni). Che sia questa la strada giusta per tornare ai fasti di un tempo? Ai posteri l'ardua sentenza.