Aborto: l’obiezione di coscienza non ha più senso

par Spago
martedì 15 luglio 2014

Fa discutere nel Lazio un provvedimento di Zingaretti che limita l’obiezione di coscienza per i ginecologi.

Nel Lazio, un provvedimento del presidente della regione Nicola Zingaretti (qui), riaccende le polemiche sull’obiezione di coscienza per i ginecologi. L’obiezione consente loro di rifiutarsi di praticare l’interruzione di gravidanza e di non prescrivere i farmaci per la contraccezione. Essa è garantita dall’articolo 9 della legge 194 (qui).

La legge stabilisce, fra l’altro, che:

“L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l'espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale.”

Il provvedimento di Zingaretti stabilisce che il medico ha il dovere di informare, dare i consigli adeguati, fornire i certificati necessari ed è anche tenuto a prescrivere i farmaci post-coitali. E naturalmente ha già sollevato molte polemiche. Ad esempio il capogruppo in regione di Forza Italia, Luca Gramazio, ha dichiarato:

“Il decreto di Zingaretti è un vero e proprio scandalo. Un atto di forza che calpesta la libertà professionale, quella di coscienza e quella religiosa di tutti i medici. Così in pratica si impone per decreto un trattamento, come se si trattasse di un farmaco salvavita. Una scelta figlia di un furore ideologico incomprensibile, che cancella il principio di libertà.”

Le dichiarazioni di Luca Gramazio – e tutte le altre simili – mi appaiono senza senso: non si capisce cosa intenda per “libertà professionale”. A meno che non intenda la libertà di farsi assumere per fare un lavoro e poi non farlo. I ginecologi di cui stiamo parlando sono dipendenti che devono svolgere l’attività per cui sono stati assunti, secondo i patti stabiliti all’assunzione e le indicazioni del loro datore di lavoro.

I consultori e gli ospedali devono garantire l’esigibilità da parte del cittadino di quanto garantisce la legge, fra cui, nei termini prescritti, il diritto all’aborto. Di conseguenza chi ci lavora sta lì per quello, quello deve fare e quello non può rifiutarsi di fare.

Non si capisce neanche cosa Gramazio intenda per “libertà di coscienza e libertà religiosa”. Ciascuno può aderire alla religione che preferisce o a nessuna. Ma se questa religione non gli permette di praticare aborti, sarà semplicemente lui a non dover fare un mestiere che gli chiede di violare questa condizione. La contraddizione è tutta sua e tutta sua è la decisione di restare o meno fedele alla propria religione. Non si capisce perché essa debba trasferirsi sul datore di lavoro ed andare addirittura ad inficiare la tutela di un diritto che spetta ai cittadini.

Quello che esiste, in effetti, non è il diritto di fare il ginecologo in un ospedale o un consultorio e poter contemporaneamente aderire ad una religione che vieta l’aborto. Ma semplicemente quello di non fare quel mestiere in quanto aderente a quella religione. La scelta del proprio mestiere è ancora libera: come un musulmano non sceglierà di fare l’assaggiatore di vini per poi fare obiezione di coscienza perché la sua religione vieta l’alcool, il cristiano non sceglierà un mestiere in contrasto coi suoi principi.

Le parole del capogruppo di Forza Italia mi sembrano in realtà un attacco al diritto all’aborto, tramite la difesa di un’obiezione di coscienza che secondo l’Espresso, arriva al 90% di medici obbiettori in Lazio. Anziché preoccuparsi che sia garantita la possibilità di scegliere se abortire, preferisce cavillare per ridurla surrettiziamente. Devo dire, che mi fa specie, che un centrodestra che si definisce liberale, ogni volta che si tratta di libertà individuale, autodeterminazione, e scelte etiche, ritenga che tutti dovrebbero essere obbligati dall’alto a conformarsi ad un punto di vista unico, in modo autoritario e statalista, anziché avere diritto alla libertà di coscienza.

Inoltre che senso ha ormai l’obiezione? Sinceramente non gliene ne trovo più alcuno.

Posto che la legge ha reso legale l’aborto, e tale resta finché non venga cambiata la legge, e che ciascun cittadino ha diritto di esigere ciò che la legge gli garantisce, l’aborto è un diritto.

Se il servizio sanitario deve – non “può”, ma proprio “deve” – assicurarsi che il cittadino possa avere l’aborto che la legge gli garantisce, è chiaro che non ha senso assuma ginecologi obiettori.

Che senso ha, se devo assicurare l’aborto a chi lo chiede a norma di legge, assumere qualcuno che si rifiuta di praticarlo? Sarebbe come assumere per guidare i mezzi pubblici, autisti senza patente. Chiaramente un non senso logico.

L’obiezione aveva un senso perché ai tempi dell’entrata in vigore della legge 194 i medici in servizio in quel momento si trovarono improvvisamente a dover praticare interruzioni di gravidanza. Non avevano avuto modo di saperlo prima, e di tenerne conto, scegliendo eventualmente di lavorare in un altro campo. Allo stesso modo, le strutture non avevano potuto porre la disponibilità a praticare aborti fra i requisiti per essere assunti.

Oggi invece chi sceglie questo mestiere sa cosa richiede e chi assume un ginecologo sa di dover assicurare il diritto all’aborto. Quindi non ha alcun senso l’obiezione. Chi non vuole praticare aborti può fare un altro mestiere e chi ha il dovere di garantire il diritto all’aborto deve assumere ginecologi non obbiettori.


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