Abolizione delle province: costituzione violata

par Antonella Policastrese
lunedì 22 ottobre 2012

Ad oggi, 22 ottobre dell’anno 2012, sul fronte dell’inabissamento per decreto della Provincia di Crotonecome ente locale e della provincia di Crotone come territorio, le cose stanno come appresso indicato.

Il Comitato delle Autonomie locali (Cal), costituito in tutta fretta e in tutta fretta chiamato a decidere sull’accorpamento obbligatorio delle province calabresi che non hanno i requisiti di sopravvivenza imposti dal decreto sulla spending review, ha risposto che nessuna delle due province candidate all’obitorio, Crotone e Vibo Valentia, può essere soppressa. Il Consiglio Regionale, facendo seguire i fatti alle parole, cioè inoltrando ufficialmente alla Corte costituzionale il ricorso contro l’azzeramento di Crotone e Vibo, ha mantenuto fede agli impegni presi e sottoscritti con le assemblee di sindaci, presidenti e consiglieri provinciali lo scorso mese di settembre. 

Dal canto suo il ministro della Funzione pubblica, Patroni Griffi, sta attendendo il responso dei Cal, entro e non oltre il 24 ottobre p.v. prima di procedere nell’invio di commissari per sciogliere i nodi, ed eventualmente le province, che i Comitati delle autonomie locali non saranno stati in grado di riordinare e indicare per lo scioglimento. Nei fatti non c’è via di scampo e tutto avverrà presumibilmente prima che la Corte costituzionale si pronunci sul ricorso presentato da alcune regioni avverso il provvedimento del decreto “Salva Italia” che destituiva di funzioni e cariche elettive tutte le province.

La decisione della Corte costituzionale in merito a tale ricorso, è attesa per il 6 novembre prossimo, frattanto che i partiti della strana coalizione che tiene ancora in piedi il Governo del professorissimo e futuro Presidente del Consiglio Mario Monti, la mattina vanno a votare la fiducia, su qualunque manovra serva a ricacciare gli italiani nella miseria e nell’assoggettamento, e la sera, con la faccia come il deretano, si presentano in televisione per lamentarsi di ciò che sono stati costretti a votare la mattina.

Da un lato c’è Bersani che si beve una birra per dimenticare Renzi, dall’altro Alfano che continua a rappresentare il vuoto dopo il diluvio di allegre donnine che si era abbattuto sull’Italia nell’era Berlusconi. Di sguincio c’è un’opposizione rappresentata da uno scienziato della politica che dello scioglimento delle province ha fatto la bandiera per sostituire, indossandola, la dismessa toga da magistrato; di traverso c’è la Lega Nord, orfana del suo Forrest Gump padano e sullo sfondo c’è pure un Papa, che è tedesco, e che non ne ha azzeccata una sulla dottrina sociale della Chiesa.

Ma è di Crotone che occorre dire; della fase di attesa e confusione che la città capoluogo e le altre città del territorio stanno vivendo. Una Crotone che, a dire della rappresentanza sindacale unitaria della Provincia di Crotone, che ha indetto una pubblica manifestazione per sabato 20 ottobre alle ore 10 del mattino presso l’aula assembleare del Comune capoluogo, non ha ben compreso cosa attende la città e il suo comprensorio dopo che non ci saranno più la Provincia e gli uffici territoriali dello Stato. Già non c’è più il prefetto a Crotone; nessun provvedimento di sostituzione è stato adottato dal Governo.

Questo la dice lunga sul prosieguo della vicenda verso lo scioglimento dell’Istituzione sovra comunale il cui primo vero vagito risale al 1995, che nel volgere di pochi anni, di suo, ha creato un patrimonio di trecento posti di lavoro più l’indotto, che come dote si è portata dietro tutti, o quasi, gli uffici periferici e decentrati della Amministrazione centrale, dal Comando provinciale dei Vigili del fuoco all’Ufficio territoriale delle entrate. "Vogliono chiudere Crotone", dicono nel loro manifesto i lavoratori della Provincia; invitano i cittadini, le istituzioni, i politici, le associazioni di categoria, i sindacati a unirsi nella lotta per difendere il territorio, il futuro dei figli, quei pochi posti di lavoro che restano.

Ma nella convinzione e nella certezza di dover tentare il possibile a difesa della realtà, lottando e manifestando civilmente il proprio punto di vista dinanzi a una situazione divenuta oggettivamente disperata, i dubbi ed i timori che la cittadinanza, i politici e quanti altri sono stati invitati alla pubblica manifestazione di sabato, non comprendano e non condividano la drammaticità del momento, sono grandi quanto lo slancio che accompagna l’iniziativa. Non qui, non adesso è il momento di indagare le motivazioni che generano e sono alla base di quei dubbi e di quelle paure. Ha però il suo peso l’esperienza del passato; quella stessa esperienza che Crotone visse quando chiusero le fabbriche e andarono a casa in tremila, indotto compreso; quella trasformazione delle fiamme della rivolta in effimero fuoco della sopravvivenza; quel ricomporsi del tutto in una assurda e muta rassegnazione sul tutto; sul futuro innanzitutto.

Ma davanti ai crotonesi non c’era esattamente l’abisso all’indomani di quell’8 settembre del 1993; per esempio stava per nascere la nuova Provincia di Crotone; la realizzazione del sogno di cinquant'anni era ad un passo dal suo avverarsi. C’erano dei quattrini (Sovvenzione globale; Contratto d’area) che, se fossero stati la base di nuovi investimenti, il volto della città di Pitagora sarebbe cambiato davvero. Ora la scomparsa della Provincia di Crotone avviene senza neppure un banco di sabbia che trattenga l’inabissamento di una realtà territoriale colpevole di non avere estensione geografica e popolosità in linea con i parametri stabiliti da un Governo di non eletti.

Volendo sdrammatizzare si potrebbe concludere così: quando la provincia di Crotone non ci sarà più e tutti gli uffici saranno trasferiti a Catanzaro, nessuno si meravigli se a Crotone nei negozi e nei bar non entreranno neppure più le mosche, tanta sarà la puzza di fame.. 


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