Abolire il ciclismo come sport agonistico?

par Paolo Borrello
mercoledì 3 febbraio 2016

E’ stato accertato il primo caso di frode tecnologica in una gara ciclistica.

Una partecipante, la belga Femke Van Den Driessch, diciannovenne, ai campionati mondiali di ciclocross under 23 svoltisi in Belgio, è stata esclusa dalla gara perché nella sua bicicletta è stato individuato un “motorino”.

Da tempo si sospettava che in gare ciclistiche, anche di notevole importanza, come il Tour de France o il Giro d’Italia, alcuni corridori facessero uso di biciclette con dei motorini. La prima domanda è piuttosto naturale: è possibile che diversi altri ciclisti si siano comportati, anche vincendo, come l’atleta belga?

Io credo che sia probabile.

Del resto certe prestazioni, soprattutto in salita, di alcuni ciclisti di livello internazionale, in gare molto importanti, avevano generato dubbi sulla correttezza dal punto di vista tecnologico delle loro biciclette. Quindi il caso della ciclista belga potrebbe essere la punta di un iceberg.

E’ ben noto, poi, che i casi di doping invece, da molti anni ormai, sono stati molti e hanno interessato anche campioni che hanno vinto gare di notevole rilievo.

Uno su tutti, Lance Armstrong, al quale sono state tolte le vittorie da lui ottenute in diverse edizioni del Tour de France.

Ma molti altri campioni sono stati colti in fallo, per aver utilizzato sostanze dopanti. E ora, quindi , al doping si aggiunge anche la frode tecnologica.

A questo punto mi sembra del tutto secondario attardarsi ad individuare le cause di tale situazione.

Si tratta, soprattutto, di analizzare, quanto meno, ciò che si deve fare.

Senza dubbio, nonostante l’intensificazione dei controlli, i casi di frode non scompaiono, anche perché, per quanto concerne il doping, vengono spesso inventate nuove sostanze difficili da individuare. E allora si potrebbe sostenere la tesi, certo molto radicale, che sarebbe opportuno, almeno per un certo periodo, interrompere per il ciclismo le attività agonistiche.

Peraltro tale proposta potrebbe riguardare anche l’atletica leggera, un’altra disciplina sportiva, molto seguita e molto importante, dove i casi di doping, spesso scoperti diversi anni dopo, sono stati numerosi.

Mi rendo conto che la proposta che ho avanzato ha le sue controindicazioni, ma va presa in considerazione, non va rigettata a priori.

In alternativa, si potrebbero intensificare i controlli, destinandovi risorse finanziarie più consistenti, e contemporaneamente rafforzare le pene comminate agli atleti scoperti nella loro attività fraudolenta. A tale proposito, al primo caso di frode sarebbe necessario comminare la radiazione a vita per ogni attività agonistica.

Ciò non avviene, attualmente, sia nel ciclismo che nell’atletica leggera. Infatti sono molto frequenti le sospensioni per alcuni mesi o per alcuni anni e poi gli atleti possono riprendere la loro attività.

Qualcosa in più, anzi molto di più, di quanto si sta facendo adesso per contrastare le frodi, si deve assolutamente fare.

Comprendo i notevoli interessi economici che, oggettivamente, impediscono una forte crescita della severità nei controlli e nelle pene, ma la legalità va garantita anche negli sport agonistici.

Se non lo si vuole, o non lo si può, fare, allora veramente l’unica soluzione sarebbe l’interruzione delle attività agonistiche.

Foto: Nuestrociclismo.com/flickr


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