Aaron Swartz era come me

par ct
venerdì 18 gennaio 2013

âAaron Swartz si è ucciso l'11 gennaio.

Aveva ventisei anni, uno in più di me. Era come me. O forse no, perché in solo poco più di un quarto di secolo, Aaron ha dato al mondo e alla rete il contributo che un normale essere umano potrebbe dare in tutta una vita.

Soffriva di depressione, quel male oscuro che nessuno riesce a spiegare.

Quello che è certo è che Swartz era stato accusato di ben tredici infrazioni informatiche, tra cui quella di aver prelevato più di 4 milioni di articoli dall'archivio privato Jstor, del MIT, il Massachusets Institute of Technology. Aaron si era dichiarato non colpevole e, consegnatosi alle autorità, era stato rilasciato su cauzione. Proprio questo processo, previsto per aprile 2013, gli avrebbe portato in caso di condanna una multa da un milione di dollari e ben 35 anni di carcere. Accuse gravi ed esorbitanti spese legali, sostenute in parte da free.aaronsw.com, un sito che aveva avviato una raccolta fondi.

Ma Aaron non c'è più.

E adesso iniziano ad addensarsi pesanti ombre e sospetti sul MIT e sul procuratore generale del Massachusetts, colpevoli, secondo molti, di aver perseguitato Swartz.

Le accuse stesse mosse ad Aaron sembrano sospette. Si parla di un presunto hackeraggio dell'archivo da parte dell'attivista digitale. In realtà Swartz si era regolarmente registrato al sito per prelevare i documenti. Per scaricarne una tale mole, aveva modificato gli indirizzi IP dei computer che utilizzava. E non bisogna neanche dimenticare i termini della vicenda. L'archivio di cui si parla ha un valore economico limitato e Aaron aveva restituito i documenti. Ma "rubare è rubare", aveva detto la procura del Massachusets, e da lì la richiesta di pena e l'accusa di frode informatica. Una frode che vale 35 anni di carcere?

Probabilmente no. Ed è così che la pensa la rete, grata ad Aaron per il suo impegno come "hacktivist".

Quello che sembra è che ci sia stato un tentativo di rendere il suo caso esemplare da parte della giustizia USA. Come a dire "Avete visto cosa può succedere?"

Trentacinque anni di carcere per un ragazzo che ne ha appena ventisei possono essere un peso enorme da sopportare.

Ma ad uccidere Aaron è stata anche la profonda depressione che lo tormentava dal 2007. "La depressione è quello stato d'animo di quando ci si sente soli, o qualcuno che amiamo se ne va, o un progetto sfuma. Ci si sente vuoti, senza valore. Solo che la depressione arriva, e se ne va, senza motivo", scriveva.

Per molti era un'icona e lo ricordano in questi giorni. Altri l'hanno conosciuto solo dopo la tragica notizia. Ma tutti abbiamo avuto a che fare con lui, e tutti dovremmo ringraziarlo.

La sua avventura nel mondo del web inizia a soli tredici anni, quando vince una competizione per ragazzi per la creazione di siti web. Il premio comprendeva una visita - ironia della sorte - proprio al MIT.

Un anno dopo già collabora con esperti di network diventando co-autore di RSS 1.0, il sistema che permette di sottoscrivere e organizzare le informazioni online. Se avete un blog o un sito, è certo che ne avete fatto uso. E come voi milioni di utenti al mondo.

Ha co-fondato Reddit (il sito nel portale di social news scelto anche da Obama per interloquire con i suoi elettori), PythonCreative Commons e c'era lui anche dietro Demand Progress, il gruppo no profit di attivismo online, la campagna contro gli le proposte Sopa/Pipa sulla regolamentazione unilaterale della Rete in USA.

Tra le altre cose, ha lavorato a OpenLibrary.org, una biblioteca online aperta, contenente il maggior numero di libri disponibili gratuitamente.

Aaron voleva una rete più libera, si batteva per la libertà di espressione e sharing. Era un genio digitale, un'attivista, profondamente convinto che fosse necessaria una condivisione più democratica e semplice del sapere. "L'informazione è potere, ma come per ogni potere ci sono coloro che vogliono tenerselo stretto", scriveva nel 2008. Combatteva per un libero accesso alle informazioni e alle banche dati, che considerava patrimonio di tutti.

"La condivisione non è immorale, anzi, è proprio un imperativo morale."

La condivisione, la sua grande battaglia. Quella che ha vinto sul web, ma ha perso nella vita. Dopo aver facilitato l'accesso a milioni di documenti, file ed informazioni, Aaron non è riuscito a condividere il suo dolore, schiacciato da quel male silenzioso che è la depressione.

Si è fatto paladino della libertà, quella stessa libertà che lui rischiava di perdere nella realtà.

Non era un martire.

Era un ragazzo.

Aveva ventisei anni. Era come me.


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