A quei ragazzi delle "Medie" di Salò

par roccob
giovedì 1 aprile 2010

Carissimi,
 
credetemi, dopo aver saputo, non mi sfiora neppure l’idea di esprimere un giudizio e, ciò, a prescindere dal fatto che io viva distante mille chilometri dal luogo della scena. Sono, peraltro, convinto che i vostri genitori e/o i vostri cari, loro sì, avranno da dirvi qualcosa e, soprattutto, che una serie di riflessioni, magari non adesso a caldo, vi troverete a farle voi stessi.
 
Nondimeno, se permettete, un pensiero, alla stregua di messaggio, intendo inoltrarvelo.
 
Quanto a te, stupenda dodicenne cresciuta anzitempo, non mi sembra proprio il caso che, come ho letto, debba avere a scusarti con mamma e papà per aver compiuto o esserti lasciata andare a ”azioni disgustose”. In realtà, piccolina, non ti sei macchiata di alcunché di riprovevole, puoi seguitare a guardare davanti a te a viso aperto con le favolose pupille della tua età, certamente ti sarà dato di accorgerti che il mondo è costituito anche da sfaccettature più leggere e di ben altro genere. E voi, maschietti, illusi “eroi” di un tentativo di sopraffazione o soverchieria o violenza, poco cambia che si sia trattato di gesto abbozzato o condotto a compimento, vi prego, non sentitevi affatto realizzati, neppure minimamente, attraverso una simile impresa.
 
Guardate, da che mondo è mondo, alla vostra età, è naturale che talvolta arrivi a scattare la pulsione a “saltare addosso” ad una ragazza, ma nel contempo occorre che stiate attenti e vi sappiate controllare, agire, insomma, se non proprio con il consenso, rispettando l’altra metà del cielo.
 
Senza trascurare, poi, che durante le ore di lezione, certe spinte adrenaliniche potreste sublimarle e idealizzarle anche soffermando l’immaginazione sull’adorabile bellezza della Silvia leopardiana o calandovi nello sbarco d’Ulisse sull’isola dei Feaci, prologo all’incontro e allo scambio d’amorosi sensi con la fascinosa Nausicaa. Provate, tanto non costa nulla.
 
Una considerazione, ora, circa la location dell’episodio richiamato, quell’aula di seconda media.
 
Francamente e senza voler crocifiggere alcuno, il prof di turno deve essere stato, almeno in quel lasso di tempo, completamente cieco, sordo e incapace di intendere e volere, altro che “preso” dall’interrogazione ad alcuni allievi. Nel 1959, in una quarta superiore, i giovanotti più spavaldi pensarono di “incartare”, combinando una burla, l’insegnante di diritto, distinto signore di buona famiglia, per niente severo e, anzi, incline a dialogare con la classe.
 
Da casa, portarono a scuola un tegame, una bottiglietta d’olio, una manciata di sale e due uova fresche. Dopo di che, mentre l’avvocato era intento, come al solito, ad intrattenersi con la maggioranza degli allievi, concentrandosi intorno e sotto ad un banco dell’ultima fila e servendosi della stufetta a gas posizionata lì vicino, i coraggiosi misero mano alla concreta preparazione di una frittata.
 
Questione di attimi, i passaggi si susseguirono agevolmente e con ordine, quasi che si fosse in cucina, salvo che, all’atto della caduta dei contenuti delle due uova nell’olio bollente, evidentemente troppo bollente, della pentola, venne a registrarsi un accentuato sfrigolio, tipico giustappunto, di un’operazione di frittura.
 
Il professore, come è ovvio, avvertì lo strano rumore e proruppe in un “chi va là, che cosa succede?”, allungando lo sguardo verso il fondo dell’aula.
 
Ne derivò una conclusione dell’avventura ingloriosa e devastante, nel senso che il contenuto della pentola finì sul pavimento impiastricciandolo vistosamente e meno male che contestualmente giunse il suono della campanella di fine lezione.
 
In quella lontana circostanza, gli effetti e le conseguenze più seri si riverberarono l’indomani sotto forma di vibrate lamentele e rimostranze da parte di Nino, il bidello del plesso scolastico, non solo all’indirizzo della quarta B, ma anche nei confronti dell’innocente avvocato professore.
 
Buona Pasqua, ragazzini di Salò del 2010.

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