A proposito di Cayman, tra Bersani e Renzi

par Giuseppe Caglioti
lunedì 22 ottobre 2012

E mentre un sempre presente politico - che tra l'altro non si è mai dato pena di combattere concretamente il ricorso alle società off-shore, sia sul piano istituzionale che su quello politico - si scaglia in modo spropositato e propagandistico contro un finanziere con società regolarmente registrata e basata “fiscalmente” alle isole Cayman, emerge sempre più per l'ennesima volta uno dei più spinosi problemi del fisco occidentale e non solo: la squallida tolleranza dei governi europei, e non, verso il ricorso legalizzato ai paradisi fiscali da parte dei propri grandi capitalisti super ricchi, veri ladri del PIL.

È questa una contraddizione in termini: da un lato i governi sembrano darsi un gran da fare nel combattere l'evasione fiscale a livello medio e spicciolo più che altro, dall'altro, a grandi livelli, verso i grandi capitalisti - spesso aperti sostenitori del loro operato politico - tollerano l'intollerabile: l'esistenza legale dei paradisi fiscali che toglie tanto PIL alle nazioni interessate da grande evasione fiscale e in grande crisi economica - paesi come l'Italia e la Grecia, tanto per citarne due – e che ne sono apertamente coinvolte a piene mani. Traiamo spunto dalla diatriba per fare alcune considerazioni.

Nella disputa politica tra Bersani e Renzi, il segretario del PD redarguisce il Sindaco:

Con la gente basata alle Cayman non deve parlare nessuno, è ora di finirla perché c'è gente che lavora e paga le tasse.

Al segretario risponde colui che è stato tirato in ballo, Davide Serra, fondatore di Algebris, discusso sostenitore della campagna di Matteo Renzi:

Caro Onorevole Bersani, trovo incredibile che in un Paese con un'evasione fiscale da record, che nessuno dei politici sembra abbia, sinora, voluto veramente combattere, venga definito "bandito" un investitore istituzionale basato a Londra, regolato dall'Fsa e dalla Sec (ossia le rispettive Consob inglese e americana) e tassato dall'Inland revenue.

Nella diatriba l'Onorevole non perde solo punti, ma finisce inesorabilmente per rappresentare alla grande l'ipocrisia della classe di cui è parte. Dal governo delle sinistre, passando per quello degli imprenditori, per finire a quello tecnico del professor Monti, nessuno ha mai realmente tentato di toccare questo grande vulnus della fiscalità occidentale. Stranamente, invece, è il finanziere che fornisce la vera e truce sentenza, ossia il fatto che in un paese con evasione fiscale da record nessuno dei politici abbia voluto – sul serio – combatterla.

Il Sole 24 Ore, così come altre testate, ha più volte dato la lista di questi paradisi fiscali dove innumerevoli società off-shore al servizio di grandi multinazionali, di grandi e medi imprenditori/prenditori offrono loro i propri servigi fiscali per evadere legalmente – cosa gravissima questa – il fisco dei paesi in cui operano e traggono i loro enormi profitti.

É infatti risaputo che nei paradisi fiscali si riscontri un regime fiscale bassissimo e con regole bancarie meno rigide e poco trasparenti - specie verso le transazioni; perciò imprese medio-grandi, Multinazionali, attraverso la creazione ad hoc di società off-shore, scelgono di avvalersene. Ci sono vari tipi di paradisi fiscali; si va dai paesi a “Low Taxation”, con regime fiscale particolarmente basso, ai “Pure Tax Heaven”, ossia paesi in cui non c'è imposizione fiscale, se non qualcuna meramente nominale, con segreto bancario assoluto, ed altri tipi per la gioa e per tutte le esigenze del capitalismo occidentale.

La cosa che stride e fa a pugni con la situazione che stiamo vivendo in Italia in primis, nella Ue in secundis e in tutto il mondo capitalistico occidentale in ultimis, è che i paradisi fiscali siano ancora interamente legali e che quanto detto da Bersani, faccia non solo ridere, ma anche montare la rabbia del cittadino medio alle stelle. L'artigiano medio, il quale fattura 50mila euro lordi all'anno, che ne regala oltre 25mila al fisco tra contributi Inps, Irpef, Irap e altre innumerevoli gabelle, si chiede legittimamente:

Ma Bersani negli ultimi 20 anni dove ha fatto politica? Su Marte? ...


Dunque emerge, altresì, che la politica “classica” - quella rappresentata tanto per intenderci da Berlusconi, D'Alema, Bersani, Casini, Di Pietro e altri, ai quali si deve aggiungere anche il professor Mario Monti - non ha solo tollerato l'intollerabile, ma ha anche permesso che la crisi che ora stiamo vivendo – che è capitalistica e di sistema - arrivasse a questo punto.

Anche l'OCSE ha condannato il ricorso ai Paradisi fiscali, vuoi per la bassa fiscalità, vuoi per la mancanza di trasparenza, vuoi per per la comprovata capacità di occultare capitali e informazioni; cose queste che la rendono appetibile non solo alle Multinazionali e agli imprenditori ma anche alla vasta rete delle organizzazioni criminali mondiali.

Per finire, risulta chiaro che in paesi come l'Italia, dove la tassazione fiscale è altissima, per molte aziende - ma solo medio-alte, visti i costi di accesso – ricorrere ai paradisi fiscali è una salvezza; tuttavia emerge anche il danno che consiste nel fatto che la politica sia altamente allineata con un capitalismo, che se da un lato sfrutta alla grande le potenzialità del mercato interno al paese dove opera, dall'altro gli toglie entrate, esportando la propria fiscalità, ergo PIL.

Da Prodi, passando per Berlusconi, per finire a Supermario, nessuno tra loro ha mai tentato minimamente di guarire questo vulnus chiedendo l'abolizione e la messa in fuorilegge, a livello della Ue, di tutti i paradisi fiscali, cosa che permetterebbe in un secondo tempo anche di abbassare la tassazione. In più, se da un lato Bersani, condannando la cosa, dimostra anche tutta l'ipocrisia di una certa politica italiana, ormai fallita, dall'altro,

Renzi, appoggiandosi ad una certa finanza, dimostra che lui non sarà certo quello che avverserà questo capitalismo, responsabile tra l'altro di questo inferno in fieri, né tanto meno che ne avverserà gli escamotage, responsabili di gran parte dei i furti di ingenti fette di PIL ai danni dei popoli sovrani che pagano le tasse.


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