A cosa servono i servizi segreti in Italia?

par Factotum
sabato 6 giugno 2009

E’ un po’ come chiedersi: a cosa servono le nuvole? (che era anche il titolo di un episodio di un film di Pasolini con Totò protagonista ).
 
Questi fantomatici servizi segreti – niente a che vedere ovviamente con l’efficientissimo servizio segreto di Sua Maestà Britannica - hanno negli anni cambiato sigle e vertici, in un tourbillon infinito di “riforme” più o meno inutili: prima SIFAR, poi SID, SISME, SISDE, AISI, CESIS, DIS ecc., ma non s’è mai capito bene cosa facessero di utile, a parte che complottare ai danni della Repubblica (dal tentativo di golpe negli anni 60 con il tristemente noto generale De Lorenzo in combutta con l’allora presidente Segni, al coinvolgimento nella strategia della tensione a base di stragi culminate nell’eccidio di Bologna del 2 agosto 1980) o dedicarsi ad altri ameni trastulli quali intercettazioni più o meno abusive, schedature di massa ed eccellenti ecc. Tutto, insomma, tranne quello che avrebbe dovuto essere il loro compito istituzionale, un compito oltretutto affatto secondario, ossia il controspionaggio (e se ciò non ci ha provocato conseguenze assai gravi , è solo perché le stesse organizzazioni terroristiche o spionistiche straniere ci considerano un paese di serie B di cui non vale la pena occuparsi). 
 
Ma ecco le cronache di questi giorni svelarci che questi servizi forse hanno trovato finalmente qualcosa di davvero utile e meritorio da fare: curare la sicurezza personale del capo del governo
 
Pare infatti che tutti gli “specialisti” che fanno da scorta al premier (provenienti dall’Arma dei carabinieri o dalla polizia o dalla guardia di finanza) siano stati posti alle dipendenza del DIS, sigla pro-tempore della struttura di coordinamento dei servizi segreti. Ma ahimè, è destino che dovunque mettono le mani, questi benedetti servizi, fanno danni. Ed infatti la magistratura sta indagando sugli strani compiti affidati a questi “specialisti”, svelati dalle foto rubate dal signor Zappadu nei paraggi di Villa Certosa in Sardegna (e subito sequestrate, con eccezionale tempismo, da due inquirenti romani): portare a spasso per la villa le eccitatissime ed avvenenti ospiti di turno sulle minicar di questa Gardaland privata (incarico – si suppone – assai gradito) o vigilare – tuta mimetica e mitragliatore alla mano - sulla loro preziosa sicurezza. Il tutto naturalmente a spese del solito Pantalone, cioè noi.
 
Ed è commovente, ancora una volta, lo zelo di questi servitori dello Stato, trasformati in gorilla privati: è la sudditanza psicologica verso i potenti che connota da sempre, purtroppo, troppi uomini in divisa (lontanissimi dal considerare che questi signori, in teoria, dovrebbero essere, in una democrazia compiuta quale non è mai stata la nostra - nient’altro che i “servitori” del popolo sovrano che li elegge, come anni fa si affannava inutilmente a spiegare il famoso “cittadino Bertuzzi” , uno dei pochi veri “cittadini” di un paese di sudditi impegnati a supplicare favori anziché ad esercitare diritti).
 
Basta guardarli, fuor di villa Certosa, mentre – seminando panico - si fiondano sgommando, a sirene spiegate e palette sventolate freneticamente dai finestrini, per le vie della capitale e dell’Italia intera, intenti ansiosamente a portare in salvo da pericoli veri o immaginari il loro prezioso carico, o mentre formano cordoni sanitari attorno a un potente intento a qualche stanco rito commemorativo, allontanando con ferrea determinazione i passanti.
Scene tipiche di paesi da terzo mondo come per molti versi è il nostro. 

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