A Savona un libro sugli immigrati (quasi) lontano dagli stereotipi

par Sergio Bagnoli
venerdì 7 ottobre 2011

“Un libro lontano da stereotipi, lontano da schieramenti di parte, lontano dai luoghi comuni”, lo ha definito l’Assessore alla Provincia di Savona Pietro Santi ma non è proprio così.

Quando fu presentato per la prima volta lo scorso giugno in Provincia, l’ente pubblico che con i soldi di tutti i cittadini ne ha sponsorizzato la stampa e la diffusione, l’Assessore ai Servizi Sociali dell’istituzione medesima Pietro Santi, del Popolo delle Libertà, ebbe a dire:“Finalmente un libro che ci offre un affresco del pianeta immigrazione lontano da stereotipi, lontano da schieramenti di parte, lontano dai luoghi comuni”. Stiamo parlando di “Mamma vado a vivere in Italia” un volume, scritto fortemente secondo le volontà della provincia di Savona, che si prefigge l’obiettivo di presentarci quasi tutte le diverse nazionalità di immigrati presenti nel nostro paese in un’ottica positiva mediante la tecnica dell’intervista ad alcuni di loro operata da alcuni giovani virgulti della letteratura sotto la supervisione dello scrittore iraniano Hamid Zariati. Ora, però, che il libro sta per approdare sugli scaffali delle librerie del Ponente ligure, ad iniziare dalla nota Libreria Ubik di Savona, dove verrà ripresentato domani alle sei del pomeriggio, è necessario al di là dei commenti trionfalistici dell’assessore provinciale Santi e dei suoi estensori approfondire un po’ alcuni temi che lo stesso vuole toccare.

 Innanzitutto il libro desidera fornire un mosaico, il più preciso possibile, del fenomeno immigrazione in provincia di Savona ed allora ecco che vengono tratteggiate le personalità di un attore argentino, un medico albanese, un benzinaio senegalese, un’infermiera somala, un muratore peruviano ed una cameriera brasiliana. Personalità e figure, dunque, lontane anni- luce dagli stereotipi dell’immigrato extra- comunitario clandestino e criminale tanto care a buona parte della società italiana di quest’inizio del secondo decennio del terzo millennio. D’altronde è stato scritto grazie anche all’apporto di esponenti di spicco delle comunità immigrate in Italia come l’ecuadoregno Antonio Garcia, presidente di Usei, l’ Unione degli ecuadoriani in Italia. Tutto bene quasi per tutti però: i tanto vituperati romeni, considerati dall’opinione pubblica insieme ai magrebini, come la peggior feccia che abbia mai messo piede sul suolo italico, ne escono, infatti, con le ossa rotte. A rappresentarli non c’è una persona che, come gli esponenti delle altre nazionalità, vive di un lavoro regolare ma una giovanissima prostituta che vende per poche decine di euro il proprio corpo sui rettilinei dell’Aurelia nell’Albenganese. Anche dei marocchini si parla male: infatti a rappresentarli è un carcerato. “Per voi italiani noi donne romene siamo sempre e solo delle prostitute, delle ladre e delle rovina- famiglie da cui bisogna stare lontani se non si vogliono guai. Non vi sopportiamo più. Ci avete rovinato con i vostri giudizi terribili. Tante di noi, oneste lavoratrici, sono uscite di testa dopo aver avuto a che fare con voi, sono diventate pazze. Adesso è ora di dire basta con questa continua denigrazione ed umiliazione”: a parlare così alcune operaie provenienti dalle cittadine della provincia valacca o della Moldavia romena, incontrate alle fermate degli autobus nel centro di Savona, che si chiedono : “Ma le nostre Associazioni, la nostra Diplomazia perché non intervengono?”. A dir la verità pure a qualche esponente dell’opposizione in Consiglio provinciale è venuto qualche dubbio sul fatto di ritenere “Mamma, vado a vivere in Italia” un volume lontano dagli stereotipi sugli immigrati e si è chiesto perché mentre albanesi, sudamericani od asiatici vengono tratteggiati mentre svolgono lavori più che onorevoli, i romeni debbano sempre far parte del mondo dell’emarginazione o della criminalità ma poi ha pensato di lasciar cadere la cosa non pensando magari a quali distorsioni culturali possa portare la lettura di questo libro, un vero e proprio lasciapassare verso al “Romenofobia” più truce ed atroce.


 


 

 


 


 



 


 


 


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