7 anni a Berlusconi: una vittoria dal retrogusto amaro

par Sergio Giacalone
mercoledì 26 giugno 2013

Devo ammetterlo: questo primo, seppur provvisorio, epilogo della vicenda giudiziaria di Silvio Berlusconi legata al caso Ruby mi ha lasciato l’amaro in bocca al punto da farmi apparire fuori luogo toni trionfalistici e ovazioni da stadio.

Sia chiaro, non per simpatie pregresse o malcelate nei confronti dell’arcoregno. Continuo infatti a pensare che Berlusconi sia da annoverare fra le sciagure d’Italia e che il suo passaggio nella storia recente sarà ricordato dalle italiche generazioni quale uno dei più spudorati oltraggi alla patria decenza.

Merita una punizione esemplare il Cavaliere, per avere preteso di istituzionalizzare la prostituzione e tutto il sistema di compra-vendite illecite che coinvolgeva politica e spettacolo. Per avere generato nel sistema Italia tanta confusione e degrado da non farci più capire se Costantino Vitagliano fosse un tronista o un sottosegretario.

Detto questo, però, ritengo che deputati canonici alla punizione avremmo dovuto essere noi, il popolo, soggetto elettorale costituzionalmente investito di sovranità, non le Procure della Repubblica, cui competerebbe altro dalla demonizzazione di un individuo che per lo spirito di contraddizione in noi innato, domani troverà nuovi consensi invece che disprezzo.

Il problema è che un sistema viziato, quale il nostro nacque, non può procedere a rigor di logica o di regole condivise ma finisce per metabolizzare menzogne, estremizzazioni, tabù e alterazioni di ruolo come fossero una deliziosa peculiarità tutta italiana. Accade così esattamente quello che in un sistema sano non dovrebbe accadere: i ruoli si capovolgono, le vittime diventano carnefici o complici dell’assassino, i guardiani della legge ne diventano fonte.

Dunque noi, che siamo le vere vittime delle nefandezze di Berlusconi, assumiamo un atteggiamento su cui ci sarebbe da riflettere… e da vergognarsi. Agiamo come la moglie vessata dal marito violento che assolda un killer per farlo fuori e poi piange affranta al funerale del suo aguzzino. Ecco, così.

Capisco che lasciare che altri facciano il lavoro sporco è comodo e ti permette di mantenere il piede sul noto predellino, di modo che il giorno della probabile riscossa del Cav. potrai sempre dire: “io sono sempre stato con te, o Silvio!” Ma gli altri cui demandiamo il lavoro non sono killer al soldo: sono un potere dello stato cui la Costituzione e la Storia di questo paese hanno affidato un compito specifico ed essenziale che è quello di salvaguardare, interpretare ed applicare le leggi prodotte dalla politica, che è volontà popolare mediata dai partiti.

Se siamo giunti al punto che la Magistratura deve sentirsi indotta, per quel senso di giustizia che geneticamente le appartiene, ad assumere ruoli e prerogative che la politica non esegue per inefficienza o malcostume e che il popolo non reclama (e non contesta!) per procurata ignavia, vuol proprio dire che brancoliamo in un sistema prossimo al collasso, costretto ad andare a puttane: anche in senso letterale.

Diceva il grande Bartali: “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare!


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