57 giorni: da Capaci a via D’Amelio

par La Via Dei Blog
lunedì 28 maggio 2012

Cinquantasette. Sono i giorni che separano la strage di Capaci da quella di Via D'Amelio. Sono i giorni della lotta portata avanti da Paolo Borsellino per arrivare agli autori dell'attentato all'amico e collega Giovanni Falcone e alla sua scorta. Era il 1992.

Avevo 13 anni ma ho un ricordo indelebile di quel 23 maggio ed uno ancora più forte del 19 luglio. Se la notizia della prima autobomba mi aveva scosso e fatto riflettere sulla cattiveria alla quale può arrivare l'essere umano, la seconda mi ha lasciato ancora più incredula. Non c'era scampo. Chiunque si fosse messo "di traverso" a Cosa Nostra veniva tolto di mezzo.

Forse è proprio per questa seconda sensazione, più angosciante della prima, più tremendamente scatenante rabbia e impotenza, che mi sono sentita da sempre più legata alla figura di Borsellino che di Falcone. Di solito li si pensa come una cosa unica, un unico pensiero. Quel pensiero che sulla terra è stato portato avanti 57 giorni in più da Borsellino, annotato con dovizia di particolari su un'agenda rossa, sulla quale chissà, forse erano contenuti appunti dei quali non siamo mai venuti o non verremo mai a conoscenza perchè sottratta dall'auto che lo aveva accompagnato in via D'Amelio per prendere la madre e portarla a fare una visita cardiologica.

In questi anni ho cercato di non perdermi nessuna ricostruzione fatta dalla cinematografia della vita di Falcone e Borsellino. Volevo capire. Imparare dall'esempio e scoprire gli uomini più che i magistrati. Scovare quale forza d'animo si celasse dietro quelle battaglie contro la mafia, nella consapevolezza di essere dei "cadaveri che camminano", citando proprio una frase che Ninni Cassarà, poliziotto e altra vittima di Cosa Nostra, disse a Borsellino mentre si stavano recando sul luogo dove era stato ucciso nel 1985 il commissario della mobile di Palermo Beppe Montana.


C'è un'altra cosa che mi sono chiesta: chissà se il numero 57 aveva mai avuto un ruolo nella vita di Borsellino. Tutti noi abbiamo dei numeri ai quali siamo più affezionati, che spesso ritornano nelle cose che facciamo. Leggendo la sua biografia ho scoperto che nel 1963 partecipò al concorso per entrare in magistratura, divenendo così il più giovane magistrato d'Italia, classificandosi 25esimo su 171 posti messi a bando con il voto di 57. Forse solo una coincidenza. Purtroppo non sapremo mai se ce ne sono state altre.

Quello che non potremmo mai dimenticare è la sua tenacia, il sano spirito siciliano, l'ironia e quello sguardo assorto dietro il fumo dell'immancabile sigaretta...


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