500 euro più i contributi: regolarizzare le colf costa, si ricorrerà alle italiane?

par Sergio Bagnoli
giovedì 13 agosto 2009

Per tante di loro la mancata regolarizzazione molto probabilmente sarà la fine del sogno italiano.

 

Sino ad ora almeno in Liguria, ma poi nel resto del paese la situazione non è che cambi molto, quando si diceva colf o badante ci si intendeva riferire in buona parte ad una donna extra-comunitaria proveniente o dall’Ucraina e dalla Moldavia o dall’Albania o dai paesi del Sudamerica. Una volta, prima dell’allargamento ad est dell’Unione europea, anche polacche e romene erano individuate e categorizzate con questo appellativo, poi, dopo il primo gennaio duemilasette, chissà per quale ragione la gran parte degli italiani ha cessato con l’identificarle con le colf e le badanti come se un semplice trattato internazionale, sia pur importante come quello che ha sancito la nascita dell’Unione a ventisette, potesse cancellare anni di umilie lavoro al servizio dei nostri vecchi.


Da oggi non sarà più così: con l’entrata in vigore della Legge sulla sicurezza, che a tutti gli effetti potremo chiamare Legge-Maroni, e con la normativa anti-crisi che prevede il sistema, costoso soprattutto per le lavoratrici, troppo spesso vere e proprie schiave nel chiuso delle nostre case, di regolarizzazione di colf e badanti il rischio è quello di non far emergere proprio un bel nulla ma di espellere dal sistema produttivo italiano tante extra- comunitarie che a questo punto diventerebbero soggette attive di un reato, quello di clandestinità, da sbattere almeno per ventiquattro in cella e poi, a processo concluso, da espellere definitivamente dal territorio nazionale. Le procedure di regolarizzazione infatti prevedono che il datore di lavoro debba per ogni badante o colf innanzitutto versare 500 Euro più i contributi. “Molti degli anziani che assistiamo campano con la pensione e già ci hanno detto che non se la sentono di pagare una cifra così alta per regolarizzarci, cioè per permetterci di essere in regola con le norme del soggiorno in Italia. Alcune di noi già sono state licenziate” affermano quasi all’unisono molte di queste donne, in buona parte albanesi, ucraine o moldave che incontriamo nelle piazze delle città liguri la domenica pomeriggio, giorno per loro libero. Tante famiglie di assistiti, contattate, confermano comunque che per le loro finanze sarà molto arduo spendere una cifra così alta per regolarizzare una colf od una badante.

D’altro canto la paura di venire denunciati e vedersi la casa confiscata, sempre in base alla legge-sicurezza, perché si ospita una lavorante straniera fa novanta e quindi si preferisce intimare alla donna di abbandonarla e ci si rivolge ad un istituto di ricovero o ad una lavoratrice comunitaria, ivi comprese ovviamente le italiane, che almeno non darà problemi con l’Ufficio immigrazione della Questura. Ci saranno magari poi problemi con la Guardia di Finanza, ma questo è tutto un altro paio di maniche. Fa però uno strano effetto parlare con queste donne: da una parte la legge, in quanto clandestine, le classifica come persone pericolose per la sicurezza degli italiani tanto da farle diventare oggetto di una fattispecie penale, dall’altra dimostrano invece di essere solamente delle povere disperate che si accontentano di racimolare le briciole della nostra ricchezza, ricambiandoci il favore con un servizio d’assistenza insostituibile, per sostenere magari i loro figli, rimasti al paese di provenienza, che magari non vedono da cinque anni. Lasciandole, un grande punto interrogativo rimane nei nostri pensieri: dopo il trenta settembre cosa faranno? Abbandoneranno i nostri vecchi, destinati ad una poco desiderata e spersonalizzante casa di riposo, verranno sostituite da italiane, ma quante tra le autoctone saranno disponibili a questo duro lavoro, romene o polacche, o rimarranno da clandestine dimostrando tutta l’inadeguatezza delle politiche italiane in materia di immigrazione?


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