25 aprile: memoria condivisa con chi?

par Matteo Quadrone
martedì 27 aprile 2010

Come spesso è capitato negli ultimi anni, la festa del 25 aprile, la Liberazione, una ricorrenza che dovrebbe unire tutti gli italiani ha suscitato, nei giorni immediatamente precedenti, diverse reazioni contrastanti, tentativi di ridimensionamento, mistificazioni storiche aberranti.
 
Si va incontro a tempi duri per la difesa dei valori della Resistenza a giudicare dagli sconcertanti comportamenti e dalle dichiarazioni di alcuni politici. Fra tutte sottolinerei l’iniziativa del presidente della provincia di Salerno, tale Edmondo Cirielli, del Pdl, che ha fatto affiggere una serie di manifesti in cui si rende omaggio esclusivamente al sacrificio dei giovani soldati americani, morti per salvare l’italia dalla dittatura comunista. Cancellata in un solo colpo l’eroica lotta dei partigiani per liberare il paese dal nazi-fascismo, secondo l’interpretazione <<dinamica e futurista>> del Cirielli il merito va esclusivamente agli alleati che con il loro intervento ci evitarono un futuro da paese satellite dell’Unione Sovietica.
 
Ignoranza storica che si evince anche dall’intervento del neo governatore del Veneto Luca Zaia che a proposito dei partigiani dell’Anpi dice <<Sono come i vietcong, bisogna avvertirli che la guerra è finita da 65 anni, visto che a ogni 25 aprile continuano a scatenare polemiche>>. Per la precisione il riferimento storico andrebbe riferito ai soldati giapponesi del secondo conflitto mondiale che non sapevano che la guerra era terminata. Poi c’è da aggiungere, come ha ricordato Raimondo Ricci, presidente dell’Anpi, che i partigiani italiani sono stati i padri fondatori della nostra costituzione, una carta scritta da ex combattenti che conoscevano bene le atrocità della guerra e per questo all’articolo 11 sancirono il ripudio di essa. Con questo pensavano che il loro sangue versato fosse un monito per le future generazioni. Evidentemente non è stato sufficiente se oggi siamo qui a discutere certe affermazioni.
 
E non è tanto la loro inattendibilità storica che spaventa, visto la classe dirigente che ci rappresenta non c’è molto da aspettarci, inquietante è la volontà di mistificazione eseguita ad arte e con precisione balistica. Oggi la frase che più va di moda è che i morti sono tutti uguali. Niente da dire sui morti ma sussistono differenze importanti fra le azioni compiute dai vivi. C’è chi si schierò dalla parte dei combattenti che liberarono l’Italia e chi, magari inconsapevolmente e in maniera avventata, scelse la fazione sbagliata che voleva restaurare il regime. Questo evidentemente va ribadito a 65 anni di distanza dalla nostra guerra civile. Non è possibile condividere il momento fondativo della nostra Repubblica con chi oggi ritiene che vadano onorati anche coloro che combatterono per la Repubblica Sociale Italiana. Furono una minima parte del popolo italiano, spesso giovani cresciuti nel brodo culturale e mitologico del fascismo, mentre tutti gli altri, anch’essi giovani, democratici, cristiani, azionisti, socialisti, repubblicani, comunisti, monarchici, abbracciarono il fucile e combatterono per restituire all’Italia un futuro libero e democratico. Pietà per i morti ma ristabiliamo la verità storica, è un messaggio che dobbiamo trasmettere ai più giovani, non possiamo cancellare queste tragiche pagine dai libri di storia come si sta provando a fare, gli studenti di domani dovranno aver ben presente cosa fu il fascismo e i meriti della Resistenza, questa vuol dire memoria condivisa, tutto il resto è solo politica e pure di basso livello.

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